Non versa quote, giornalista Gulisano fuori dall’albo «Dovevo decidere se usare quei soldi per la spesa»

«Non verso le quote all’Ordine dei giornalisti del Lazio dal 2016. Perché? Dovevo decidere se usare quei soldi per fare la spesa». Sebastiano Gulisano si è reso conto da solo di non essere più presente nell’albo dei giornalisti professionisti, a cui era iscritto dal 2001 dopo avere superato l’esame di Stato. Lo ha fatto quasi per caso, incuriosito dopo le ultime dichiarazioni di Vittorio Feltri sui problemi di salute dello scrittore Andrea Camilleri. «Ho visto che sia lui che Renato Farina, che ha collaborato con i servizi segreti, ne fanno parte. Poi ho inserito le mie credenziali sul sito internet e ho scoperto di essere stato escluso». Le motivazioni Gulisano le conosce: fanno riferimento al mancato versamento delle quote annuali e all’aggiornamento richiesto con i corsi di formazione. «Quando non hai i soldi l’ultimo tuo pensiero è quello di pagare le quote annuali e devo dire che da un lato mi aspettavo questo finale».

Attorno a questa vicenda però sta montando una rete di solidarietà nei confronti del cronista originario di Riposto. Anche perché Gulisano per trent’anni ha lavorato in prima linea. Iniziando nel 1984 subito dopo l’omicidio di Pippo Fava. Proprio I Siciliani sono stati la sua prima palestra: «Sono partito con i fumetti ma poi la mia esperienza è passata al settore delle inchieste su malaffare, politica, mafia e banche». Uno dei lavori a cui tiene maggiormente è quello firmato a quattro mani con Gianfranco Faillaci nel 1989, all’epoca per il settimanale d’informazione Avvenimenti. «Ci siamo occupati dell’appalto per il centro fieristico Le Ciminiere al viale Africa di Catania – racconta a MeridioNews – In quei lavori si annidava il rapporto tra colletti bianchi, magistrati e Cosa nostra. Ricordo che dopo il nostro articolo successe il finimondo con Michele Santoro che dedico uno spazio pure nella trasmissione Samarcanda. Abbiamo rischiato di destabilizzare un sistema su cui vigeva il massimo silenzio».

Così oggi a schierarsi accanto a Gulisano, nonostante sia lui stesso a ripetere a più riprese «di non volere diventare un caso», sono arrivati subito il giornalista Riccardo Orioles, la redazione de I Siciliani giovani e il movimento No Muos. Sulla piattaforma online Change è stata anche inserita anche una lettera appello all’ordine dei giornalisti del Lazio. «In un mondo dell’informazione serio e civile Sebastiano Gulisano sarebbe docente dei corsi di aggiornamento riservati ai giornalisti – si legge nel documento – magari insegnando giornalismo investigativo e storia dell’antimafia». Di fatto il giornalista non lavora con continuità in una redazione da circa 13 anni, ovvero «da quando mi sono dimesso dalla seconda stagione di Avvenimenti»».

Terminata la disoccupazione non è mai arrivata una proposta concreta. «Anche perché io mi sono limitato a inviare il mio curriculum e non ho mai telefonato a qualcuno per farmi aprire qualche porta», racconta. Tra una lunga parentesi a Roma, il ritorno nell’Isola e, di recente, la morte del fratello Nino all’ospedale di Acireale (c’è in corso un processo che procede molto lentamente), la vita di Gulisano è stata intrisa di giornalismo. «Ho condiviso il lavoro con Claudio Fava a cui facevo da collaboratore e nella Capitale sono rimasto dal 1992 al 2013. Poi ho iniziato a fare il nomade, vivendo grazia all’aiuto di compagni e amici, ma la mia residenza è sempre rimasta a Roma». Motivo per cui Gulisano, oggi di base in Sicilia, di fatto non ha mai avuto tra le mani una comunicazione ufficiale da parte dell’Ordine. «Oltre alle mie questioni economiche – conclude – ci sono quelle organizzative. L’Ordine è stato trasformato dai politici e i cronisti sono diventati dei burocrati che battono le mani durante i convegni per ricevere i crediti. Si tratta di una vera e propria vergogna legislativa».

Dario De Luca

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