PRIMO: LE DESIGNAZIONI SPETTANO AL DIRIGENTE GENERALE E NON ALLA POLITICA. SECONDO: VA RISPETTATA LA LEGGE REGIONALE N.10 DEL 2000
da Pietro Tornabene
riceviamo e volentieri pubblichiamo
Gentile Direttore
desidero intervenire nel dibattito sulla materia della nomina dei soprintendenti che avete trattato su un vostro articolo per chiarire alcuni aspetti della questione che dimostrano come in Sicilia le leggi che essa stessa si dà non vengono applicate, mentre qualcuno sale ogni volta sul pulpito per fare il grand’uomo e ricordare al popolo che esiste la legalità.
Osservo in primo luogo che la legge regionale n. 10/2000 prescrive che le nomine che riguardano gli incarichi al di fuori di responsabile di dipartimento (o strutture ad esso equiparate), quali aree e servizi (e le soprintendenze sono servizi), non toccano agli assessori, bensì agli stessi responsabili di dipartimento.
Questo perché nell’applicazione del principio legale della separazione tra l’indirizzo politico e la gestione amministrativa al potere politico tocca solo nominare il fiduciario che ritengono in grado di materializzare i loro obiettivi (e non il fedele) e quindi il responsabile del dipartimento cui assegnare la realizzazione dei suoi indirizzi, mentre il potere di organizzarsi tocca esclusivamente a chi riceve tale incarico in quanto è lui che dovrà rispondere del raggiungimento degli obiettivi fissati dal politico che egli deve raggiungere. L’ingerenza costituisce violazione del principio.
Per quanto attiene invece al merito della questione nomine a soprintendente, ma che può estendersi anche ad altre nomine di altri assessorati, anche qui non mi pare si abbiano le idee molto chiare. Il ruolo dirigenziale non è un ruolo tecnico, ma manageriale e come tale non ha attinenza con la qualifica professionale posseduta e se solo i titoli professionali sono i soli ad essere valutati si incorre in un grosso abbaglio perché ai manager non è richiesto di svolgere le pratiche tecniche, ma ben altri compiti.
La legge 10/2000 infatti ha inteso differenziare i compiti dirigenziali da quelli tecnici che spettano solo al comparto. Infatti tutti i dirigenti tecnici ed amministrativi presenti in servizio alla data di entrata in vigore della legge 10/2000 sono stati inquadrati nella 3^ fascia dirigenziale indipendentemente dalla loro estrazione professionale.
L’inquadramento nella 3^ fascia però era un fatto transitorio in quanto il vero punto d’arrivo erano le fasce 2^ e 1^, le sole cui la legge riconosce il diritto di ricoprire tutti gli incarichi dirigenziali. Il passaggio dalla 3^ alla 2^ fascia non deve essere, però, automatico ma per concorso per esami riservato alla partecipazione di tutti i dirigenti di 3^ fascia.
Solo attraverso il passaggio alla 2^ fascia viene acquisita, per così dire, la patente dirigenziale. E il punto sta proprio qui: fino ad ora i dirigenti di 3^ fascia hanno avuto incarichi, ma al di fuori della legge, o meglio ancora, nelle more del bando dei concorso per accedere alla 2^ fascia e quindi il solo merito di riconoscimento di mansioni dirigenziali è stato quello dell’appartenenza politica.
Ebbene, ora si vogliono far passare per titoli preferenziali le esperienze del campo professionale che non hanno alcuna attinenza con le mansioni dirigenziali descritte all’art. 8 della legge 10/2000, nonché la “pratica” di avere gestito un ufficio, dimenticando invece che il vero titolo è rappresentato solo dall’appartenenza alla 2^ fascia acquisita attraverso il concorso.
Per la cronaca, la legge 10/2000 o meglio il DPRS che istituiva il ruolo unico dirigenziale ai sensi della stessa legge, doveva essere bandito dopo due mesi e quindi entro il 2001. Una successiva legge, la n. 20/2003, all’art. 1 comma 3 stabiliva che entro il 31/12/2006 tale concorso doveva essere addirittura concluso!
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