«Presidieremo l’aula e saremo vigili su quello che deciderà l’amministrazione». A prometterlo è il comitato No Pua, il gruppo di cittadini che si oppone al Piano urbanistico attuativo Catania-Sud che investe la zona della Playa etnea con un progetto di campi da golf, centro congressi, alberghi e altre strutture. Il riferimento è alla doppia convocazione del consiglio comunale di Catania – oggi e domani, con lo stesso ordine del giorno – dopo il parere arrivato dal Consiglio regionale urbanistica (Cru) che pone diversi paletti all’idea così come presentata dal Comune. Una situazione che fa presagire un clima non proprio disteso all’interno dell’assemblea cittadina.
«Dal nostro punto di vista, in questo momento ci sono due posizioni all’interno della maggioranza», spiega Mimmo Cosentino, del comitato No Pua. «Una tende a forzare la mano rispetto ai vincoli imposti dal Cru che rendono poco speculativa l’opera», continua. Tra opere di urbanizzazione a carico dei privati e attenzione al verde, il progetto insomma risulterebbe meno redditizio. Dall’altra parte, nell’analisi dei cittadini, starebbe il sindaco Enzo Bianco «che ci sembra preferisca non rischiare di trovarsi in questa situazione fatta di affari poco limpidi». Il riferimento è alla società che si occupa del Pua, Stella Polare, che fa capo all’imprenditore Renzo Bissoli e ai suoi contatti, recentemente citati nella sentenza che condanna l’ex governatore Raffaele Lombardo per concorso esterno in associazione mafiosa. In ogni caso, l’eventuale passo indietro del sindaco non sarebbe abbastanza per i cittadini. «Questo non lo salva dalle sue responsabilità e dal favore fatto a Mario Ciancio (imprenditore, editore e direttore del quotidiano La Sicilia, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, ndr) che è comunque l’unico che ci guadagnerà, avendo visto i suoi terreni diventare da agricoli a commerciali».
Una questione che riguarderebbe non solo l’opportunità del progetto, ma anche la sua utilità. «Il Pua somiglia sempre più al ponte sulla Stretto – dice Matteo Iannitti – Se ci fossero davvero questi investitori, perché non agiscono sui progetti già pronti come quello dei Corso dei Martiri, su cui comunque non siamo d’accordo?». «Oggi ci siamo visti qui, alla Vecchia dogana, perché è un classico esempio di spreco e di progetti di sviluppo che ci dicono essere la bibbia per portare lavoro alla città – aggiunge Giolì Vindigni – Qui si sono spesi tanti soldi pubblici e ora è un posto abbandonato. Ed è normale, perché non si possono fare cattedrali nel deserto. Bisogna prima aprire il porto alla città». Quasi in contemporanea irrompe nel cortile Angelo Cutrone, presidente del consorzio che gestisce la Vecchia dogana. Si accalora, urla, insulta una giornalista e aggredisce il suo cameraman: «Questo è un luogo privato, per stare qui e fare riprese bisogna chiedere l’autorizzazione». «È assurdo, perché qui siamo in un luogo pubblico, realizzato in project financing con fondi pubblici, comunali e non solo», risponde Vindigni. Una parentesi che si chiude con l’arrivo della polizia e la visione del regolamento del centro, che vieta le riprese non autorizzate ma in assenza di cartelli che lo spieghino al pubblico.
Un episodio esemplificativo della questione posta dai cittadini, che ne discuteranno in un’assemblea pubblica dopo l’Epifania. «Parleremo della nostra idea di sviluppo della città e non solo del Pua», spiegano dal comitato. Un’idea che passa anche da altri luoghi catanesi, «come il centro congressi Le Ciminiere, usato solo al 30 per cento delle sue possibilità – commenta Enza Venezia – Per questo sembra una contraddizione farne uno nuovo alla Playa». Così come contraddittoria con la realtà catanese sembra essere ai cittadini l’osservazione della ditta Palaghiaccio, accolta dal Cru e di cui oggi discuterà il Comune etneo: «Hanno chiesto un cambio di destinazione d’uso da centro sportivo a centro commerciale – dice Vindigni – Siccome ne abbiamo pochi a Catania…». «Noi inoltre crediamo che questo progetto non porti questo sviluppo turistico di cui tutti si riempiono la bocca – conclude Venezia – La città soffre di un turismo di passaggio, non ha turismo stanziale che porta davvero benefici economici. Anzi, nel medio e lungo termine questa strategia potrebbe essere un boomerang».
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