No, no e ancora no al rigassificatore a Porto Empedocle!

da Alessio Lattuca
presidente di Confimpresa Sicilia
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Le autorevoli dichiarazioni rilasciate, recentemente, dall’amministratore delegato dell’Eni, Scaroni, il quale ha affermato che basterebbe realizzare un gasdotto sottomarino che colleghi gli impianti spagnoli esistenti con il territorio italiano evitando così di realizzare nuovi impianti, avrebbero dovuto far riflettere il ceto politico siciliano sulle deliberazioni da adottare in merito all’opportunità di realizzare un rigassificatore, che non serve, nella Valle dei Templi, che non sarà collegato alla rete nazionale, che pregiudicherebbe il modello di sviluppo scelto dagli agrigentini e affosserebbe le effettive necessità che provengono dai cittadini.

Tutte questioni interpretate egregiamente dai nuovi protagonisti della politica: i giovani del Movimento 5 Stelle, che offrono nuova linfa alla formazione politica in piena espansione. Questioni complesse, magari spinose, che richiedono tempo e impegno, sono state liquidate dal vecchio ceto politico con il dileggio stupido dell’avversario, creando un ‘cordone sanitario’ attorno a posizioni equivoche ed evidentemente indifendibili.

Com’era prevedibile, intanto, la storia del rigassificatore nella Valle dei Templi di Agrigento si complica in un nuovo panorama. Rimane infatti ancora più difficile avere una ragionevole immagine della situazione nei rapporti fra il progetto di Nuove Energie-Enel e le città. L’assenza di chiare procedure (mancano infatti: un rapporto di sicurezza, un piano delle bonifiche e la verifica sismica di legge, le caratterizzazioni non sono state eseguite, non sono calcolati i “rischi intenzionali” (attentati), manca una valutazione sul passaggio contemporaneo di gasiere e navi, non si dimostra che il terminale non impedirà lo sviluppo del porto.

Oltre alla procedura più importante, prescritta dalla legge e rappresentata principalmente dalla determinazione del limite del rischio, esiste una grave difficoltà per la realizzazione del progetto. tale difficoltà è rappresentata dalle novità emerse che certificano il passaggio dell’Autorizzazione integrata ambientale e manifestano le evidenti forzature presenti negli atti e i vizi formali e sostanziali che hanno convinto il Ministro Clini a riaprire la procedura Via a Trieste a favore della Vas.

L’Assemblea regionale siciliana, piuttosto che entrare nel merito di questioni così complesse, ha preferito le scelte dello struzzo e semplificare. Ha detto “no” alla mozione contro il rigassificatore nella zona Kaòs, a ridosso della Valle dei Templi, presentata dal Movimento 5 Stelle, con una risicata maggioranza dei presenti. In sostanza, non ha affrontato le criticità ambientali. Non si è curata del rifiuto dei cittadini nei confronti dell’ecomostro. Si è chiusa in un evidente autismo che non ascolta le ragioni degli altri. (a destra, la Riserva naturale di Torre Salsa)

Autismo che ha generato prima disaffezione e successivamente rifiuto, come dimostrato da oltre la metà dei siciliani che non è andata al voto. E quelli che sono andati hanno mostrato, numerosi, la loro protesta. Non solo non è stata affrontata la questione politico sociale. Ma non è stato affrontato il tema dell’«incompatibilità urbanistica, della non conformità al Piano regolatore vigente che non prevede insediamenti di tale genere e pure delle note direttive – e, in particolare, della direttiva Seveso – che escludono la presenza di impianti a rischio di incidente rilevante.

I siciliani, loro malgrado, hanno assistito a un dibattito di scarsissimo livello, senza emozioni, senza pathos, espresso in assenza di civiltà e competenza, partito da analisi inconsistenti, ma con la conclusione prestabilita “altrove”. Una giornata tremenda e una brutta pagina per la politica, per l’Assemblea regionale. Da dimenticare!

Un primato che appartiene, assieme a quello della fiducia mal riposta, alla Regione Siciliana. Infatti, in quale altro posto del Paese si lascerebbe affermare a “taluni politici” che “il rigassificatore si deve fare” passando un liquidatorio colpo di spugna sulle decisioni contrarie degli attori locali (a partire dal Sindaco della Città di Agrigento e del Presidente della Camera di Commercio) che rappresentano la volontà dei cittadini e delle imprese? E ascoltare baggianate da disco rotto quali “sviluppo del territorio, opportunità per il territorio e per il Paese, crescita dell’occupazione”?

Dalle dichiarazioni rilasciate da “taluni politici” emerge non solo una colpevole indifferenza verso “i problemi della gente” , ma l’evidente ignoranza sull’argomento, e, soprattutto, la malafede. Risulterebbe estremamente utile per loro e per i cittadini informarsi e, intanto, leggere le dichiarazioni di Paolo Rumiz, il quale sostiene che è una follia mettere una bomba a pochi metri dai quartieri abitati. E ciò che sostiene Piero Angela sulla pericolosità degli effetti di una eventuale nube che causerebbe migliaia di vittime immediate e di morti differite nell’arco di 80 anni. (a sinistra, la spiaggia di Eraclea Minoa)

Nello studio sull’impatto ambientale che Nuove Energie-Enel ha commissionato a “società fiduciarie” non si trova nulla di ciò che scrive Piero Angela. Ancora una volta (ed è l’ennesima), questa scelta imposta fa riflettere sul “valore” della politica! La politica avrebbe potuto e potrebbe considerare che: con un certo impegno e, ovviamente, con non pochi sforzi, sarebbe possibile rendere progressivo l’arrivo delle navi da crociera e, con tanti altri sforzi, sarebbe possibile costruire un percorso virtuoso in grado forse, di condurre la bella città agli splendori di un tempo e cioè una città portuale importante e turistica a tutti gli effetti.

Non mancano certamente attrattive per fermare il turista più di un giorno. Ma adesso cosa succederà? Si è sicuri che gli armatori delle compagnie di crociera (Costa, Msc e Grimaldi) saranno ancora interessati a far attraccare le loro navi vicino a una bomba innescata?

Certo è che i cittadini di Agrigento e Porto Empedocle non sono per niente d’accordo sul fatto di avere un simile impianto nei pressi della città. Senza contare quelli che vivono a Scala dei Turchi, Realmonte, Siculiana, Torre Salsa, Montallegro, Eraclea Minoa che, oltre a essere estremamente vicini al futuro impianto, con tutta probabilità subiranno anche i possibili danni all’ecosistema marino. Che fine faranno tutti i bagnanti che affollavano le bianche, bellissime spiagge?

A questo punto le comunità dovrebbero chiedere come sia possibile che l’Assemblea e il Governo regionale, di forza, costringano (contro il volere di una città intera e coesa) all’insediamento di un simile impianto, dopo che comunque la Sicilia ha già vissuto gli effetti disastrosi dell’industria degli idrocarburi e sappia cosa voglia dire avere dei serbatoi di petrolio (Gela, Milazzo, Priolo, Melilli). E le comunità locali continuino a subire il degrado e i resti di una industria chimica devastante – ancora presenti nell’area interessata a ospitare l’ecomostro – che ha lasciato macerie e veleni che, ancora, inquinano il sottosuolo.

Occorre evocare tali ricordi per segnalare agli ineffabili politici quanto sia insensata la loro scelta? Sarebbe auspicabile che le comunità facciano sentire con forza e determinazione la loro indignazione. E protestino contro deliberazioni che denunciano quanto sia attuale il retaggio storico e contro le intollerabili logiche che si perpetuano da quando la Regione è diventata a Statuto speciale, a causa delle quali non è mai riuscita a decidere qualcosa di buono per se stessa.

I politici piuttosto che ascoltare suggeritori interessati, facciano il loro dovere di eletti dai cittadini e diano ascolto a loro e a chi li rappresenta a pieno titolo. E diano risposte concrete alle domande che sorgono spontanee sul perché l’Italia continua a mortificare la Sicilia e perché i politici siciliani continuano a perpetuare il metodo dell’ascarismo e ad essere complici di una disgraziata operazione affaristica.

Sul perché in un territorio che già subisce una condizione di sottosviluppo e di emarginazione: come porto, come polo ferroviario, come realtà produttiva, si debba assistere impotenti alla devastazione dell’unica risorsa spendibile immediatamente per lo sviluppo: il prezioso ambiente, il preziosissimo paesaggio.

Tutto ciò è inaccettabile. La città di Agrigento (e non solo), continuerà a opporsi in maniera ferma e civile per non subire tali miopi e scellerate scelte spacciate per energetiche.

Redazione

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