Confiscati beni per centinaia di migliaia di euro a Giancarlo Giugno, esponente di spicco di Cosa Nostra a Niscemi. Al boss i poliziotti della divisione polizia anticrimine della questura di Caltanissetta hanno confiscato beni mobili e immobili in esecuzione al decreto dello scorso 16 dicembre dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Caltanissetta.
Il patrimonio era già stato sottoposto a sequestro dal 24 giugno 2013, in seguito alle indagini per associazione a delinquere di stampo mafioso in cui Giugno era coinvolto. Si tratta di terreni per quasi 43mila metri quadri in contrada Poggio Diana, a Caltagirone, macchine agricole, fabbricati nella centralissima via XX settembre a Niscemi, tutti intestati alla moglie e al figlio del boss. Alcuni beni oggetto del sequestro preventivo del 2013 sono stati invece restituiti ai familiari.
Giancarlo Maria Lucio Giugno, 57 anni a gennaio, si trova attualmente in carcere perché considerato il vertice della piramide mafiosa niscemese con ottimi rapporti con i boss dei territori limitrofi. Nel febbraio del 2013, poco dopo essere uscito dal carcere, Giugno viene nuovamente arrestato dagli agenti della squadra mobile di Caltanissetta per l’omicidio del benzinaio Roberto Bennici avvenuto 22 anni prima. Nel maggio dello stesso anno il ministero della Giustizia ha disposto per lui il regime del 41 bis, il cosiddetto carcere duro.
Poco dopo cominciano a trapelare le prime indiscrezioni su una sua collaborazione con la giustizia, poi confermata da alcuni verbali di procedimenti in cui il boss è chiamato a deporre. Le dichiarazioni di Giugno, che potrebbero far tremare il mondo politico e criminale della provincia, attualmente sono ancora secretate dalla Procura e non gli è ancora stato riconosciuto lo status giuridico di collaboratore che prevede la possibilità di usufruire dei benefici previsti dalla legge.
Il lungo curriculum criminale di Giugno è confermato da molte operazioni di polizia che coprono un arco temporale lungo oltre vent’anni: da quella denominata Leopardo del 1992 a Rewind del 2013, passando per le operazioni Rinascita (1992), Ricostruzione (2001), Apogeo (2004), Plebis (2007), sfociate in diverse condanne definitive per associazione mafiosa, estorsione in concorso e associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Giugno fu indagato anche per la strage di Capaci.
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