Nino Bixio potrebbe scomparire dalle vie siciliane «Crudele massacratore: uno schiaffo alla dignità»

In Sicilia ci sono 106 tra strade e piazze intitolate al generale Nino Bixio, una strada a Comiso (in provincia di Ragusa) dedicata a Raffaele Cadorna e una via a Riposto (nel Catanese) che porta il nome di Enrico Cialdini. Adesso, all’Ars è stato presentato un disegno di legge per rimuovere dalla toponomastica i nomi degli autori di stragi perpetrate contro la popolazione civile da parte di ufficiali garibaldini. «Al loro posto dovrebbero esserci i nomi delle vittime dei loro massacri», ha spiegato il deputato di Diventerà bellissima Alessandro Aricò che è il primo firmatario del ddl. «Non è una questione di revisionismo storico – precisa a MeridioNews il responsabile legislativo del gruppo Salvo Coppolino – ma la richiesta concreta per porre fine agli elogi di persone che si sono macchiate di crimini gravissimi nei confronti di siciliani inermi». 

É il 1860 quando Giuseppe Garibaldi sbarca a Marsala. Mentre si unifica l’Italia sotto la corona di Vittorio Emanuele II, in Sicilia l’avanzata delle truppe garibaldine viene macchiata da «vergognosi atti di repressione con stragi e massacri ai danni della popolazione civile», scrivono i deputati nella presentazione del documento. Spinti dall’entusiasmo di essersi liberati dalle angherie della nobiltà latifondista borbonica, alcuni contadini siciliani invadono i terreni padronali ledendo anche proprietà degli inglesi senza considerare che erano i maggiori finanziatori dell’avventura garibaldina. Le rivolte dei contadini vengono represse con «atti di guerra da parte di ufficiali garibaldini che poi sono stati elevati a eroi». 

L’elenco è lungo: Nino Bixio fu uno dei più crudeli massacratori che represse nel sangue le proteste a Bronte, Maletto, Randazzo, Biancavilla (nel Catanese) e Cesarò (in provincia di Messina). Uno dei casi più emblematici è quello accaduto nell’agosto del 1860 a Bronte dove tra le persone da fucilare era stato inserito anche un disabile mentale. «Il cosiddetto scimunito ro paisi (lo scemo del paese, ndr) – racconta Coppolino – Un ragazzo innocuo che rideva sempre ed era convinto di vedere la madonna. I soldati si impietosirono e, anche dopo l’ordine di Bixio, nessuno sparò. Così, fu lui stesso a scendere dal cavallo, tirare fuori la pistola dalla fondina e sparare in testa al giovane», conclude il responsabile che sta cercando di raccogliere queste storie per evitare che vadano perdute. Un’altra riguarda Castellamare del Golfo (Trapani) dove una bambina di sette anni fu uccisa dal generale Pietro Quintino. «I soldati si presentarono a casa sua per chiedere conto al padre del mancato rispetto del servizio di leva dei suoi fratelli maggiori – ricostruisce Coppolino – Di fronte alla mancata risposta, le truppe spararono alla moglie e la uccisero. Quando la bimba si avvicinò alla madre e si mise a piangere, la presero e la sbatterono forte al muro tanto da ucciderla. Il generale, poi, le sparò pure». 

Tra i nomi da cancellare dalle targhe apposte a indicare le vie siciliane c’è anche quello del generale Raffaele Cadorna che «con un bombardamento dal mare di inaudita violenza, durato quattro giorni, massacrò migliaia di palermitani, fucilando anche i soldati borbonici che si erano arresi».
A
Fantina, in provincia di Messina, fu il maggiore Giuseppe Di Villalta a fare fucilare sette militari delle stesse truppe garibaldine accusati di alto tradimento per non avere voluto partecipare ai rastrellamenti. Il generale Enrico Cialdini, invece, ottenuti pieni poteri dal re Vittorio Emanuele II, per estirpare il fenomeno del brigantaggio fucilò senza processo migliaia di giovani siciliani. Le sue truppe poi bombardarono e diedero fuoco a interi paesi, dopo averli saccheggiati e avere violentato le donne. 

«Avere strade, piazze ed edifici pubblici intitolati a questi massacratori di siciliani inermi è uno schiaffo alla dignità di un popolo e un insulto alla memoria di migliaia di vittime innocenti», scrivono i deputati nel ddl che ne chiede la rimozione. Nel 2018, il sindaco di Rometta (Messina) Nicola Merlino aveva cancellato via Nino Bixio dedicandola, invece, alle vittime dell’eccidio di Bronte. Nell’agosto scorso, a Catania, durante un raid notturno, la targa del generale era stata coperta con della vernice rossa e sostituita con un foglio dedicato alle vittime. La proposta arrivata all’Ars punta adesso a una iniziativa unitaria e definitiva, organizzata con un elenco dei nominativi redatto da una apposita commissione e pubblicato sul sito dell’assessorato degli Enti locali. Nel ddl viene specificato, inoltre, che statue e obelischi «non dovranno riportare alcuna frase elogiativa». Sempre che non sia possibile rimuoverli del tutto. 

Marta Silvestre

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