Archiviata l’indagine nei confronti del cantante neomelodico Niko Pandetta, in un procedimento aperto con l’ipotesi di istigazione a delinquere. La decisione è stata presa dal gip del tribunale di Catania e segue la richiesta della procura etnea. Nel mirino erano finiti i testi delle canzoni di Pandetta, ma anche alcune esternazioni pubbliche veicolate tramite i social network. Il cantante etneo – all’anagrafe Vincenzo e nipote del capomafia Turi Cappello – è più volte incappato in querelle a distanza, tra cui quella con il consigliere della Regione Campania Francesco Borrelli, che più volte ne ha criticato i comportamenti pubblici.
Al vaglio dei magistrati una serie di episodi: da un video del 2019 in cui prendeva le difese dello zio che si trova in carcere in regime di 41 bis e al quale ha dedicato una delle canzoni degli esorsi a una serie di espressioni ingiuriose rivolte al politico campano; fino al concerto organizzato a Monte Po in onore di Marco Strano, esponente del clan Cappello-Carateddi all’epoca detenuto.
Dal canto suo Pandetta, che da qualche tempo si è inserito nella scena del trap, ha detto ai magistrati di essere cambiato e di avere avuto «comportamenti biasimevoli». Il cantante, su cui pesa anche una condanna in secondo grado per spaccio e che è a giudizio per le intimidazioni a MeridioNews, agli inquirenti ha parlato anche delle poesie che lo zio capomafia gli manda dal carcere, spiegando che i testi vengono controllati dall’autorità penitenziaria. I magistrati, nel formulare la richiesta di archiviazione, hanno fatto riferimento a «espressioni di una subcultura che non può censurarsi per ciò solo, se non accompagnata da esplicite condotte emulative che si richiamano espressamente ad essa».
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