Nicotra, esitazioni sul pizzo e l’incontro coi pregiudicati Il pentito: «Il maresciallo lo vide, provò a giustificarsi»

«Favoreggiamento aggravato. Secondo i magistrati ha negato di essere vittima di un’estorsione da parte di Cosa nostra. Il reato sarebbe stato commesso durante un interrogatorio». Era il 12 maggio 2009 e le agenzie battevano un lancio sull’apertura di un’indagine nei confronti dell’allora deputato regionale del Pdl e sindaco di Aci Catena, Pippo Nicotra, nei giorni scorsi arrestato nell’ambito dell’operazione Aquilia, con le pesanti accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio e tentata estorsione. All’epoca la notizia, dopo un primo clamore, scivolò presto nel dimenticatoio, portandosi dietro una domanda: come mai Nicotra era stato interrogato?

A oltre otto anni di distanza la risposta arriva dai verbali del pentito Santo La Causa. L’ex reggente militare dei Santapaola, nel 2012, racconta ai magistrati un aneddoto. «Vorrei precisare che la mia fiducia sul comportamento di Nicotra nei nostri confronti nasceva anche da un episodio che mi venne raccontato», dichiara. A parlargliene sarebbe stato Alfio Brancato, detto Alfio Pio, tra gli indagati dell’inchiesta Aquilia ma non destinatario di misure cautelari. Stando alla ricostruzione del collaboratore di giustizia, un giorno Nicotra fu visto da un maresciallo dei carabinieri in compagnia dello stesso Brancato, di Fabrizio Bella – tra gli arrestati di mercoledì scorso – e Antonino Patanè, detto Nino Coca Cola e cognato dello storico boss Nuccio Coscia. I quattro si sarebbero trovati davanti a uno dei supermercati di proprietà dell’imprenditore catenoto.

La vista del militare avrebbe spinto Nicotra a cercare una giustificazione a quel tipo di compagnia. «Successivamente il maresciallo dei carabinieri – prosegue La Causa – chiese a Nicotra spiegazioni sul perché di tale incontro con quei soggetti pregiudicati, ma Nicotra rispose che quelle persone gli avevano avanzato una richiesta di pagamento del pizzo per le imprese da lui gestite». A riguardo il pentito sostiene che l’imprenditore catenoto avrebbe agito «per non rivelare la vera natura dei suoi rapporti» e nella speranza di potere contare «sulla compiacenza del maresciallo». Quest’ultimo invece prese sul serio il racconto, chiedendo all’allora deputato del Pdl, nonché primo cittadino catenoto, di registrare la trattativa in corso con gli estorsori. Una richiesta che avrebbe portato Nicotra a pentirsi di quanto fatto, almeno secondo il racconto del pentito. «Raccontò l’episodio ad Alfio Pio, ammettendo il proprio errore e dicendo che ormai era costretto a formalizzare la denuncia di tentata estorsione, promettendo però che non avrebbe coinvolto lo stesso Alfio». 

Davanti a quell’evenienza l’esponente dei Santapaola avrebbe autorizzato Nicotra a completare la denuncia. L’unico dei tre pregiudicati, in quanto gli altri nel frattempo erano stati arrestati. Il politico così si presenta davanti ai carabinieri, ma al momento di mettere per iscritto quanto raccontato a voce, ritratta, dichiarando di non essere stato vittima di una richiesta di pizzo. Il ravvedimento, però, non passa inosservato e i militari ne danno notizia alla procura che apre l’inchiesta per favoreggiamento. Le sorprese però non finiscono qui: davanti ai magistrati Nicotra cambia idea ancora una volta, confermando la richiesta estorsiva. Ciò gli garantisce di lì breve l’archiviazione dell’inchiesta per favoreggiamento a Cosa nostra, ma al contempo lancia l’ennesima ombra sui rapporti che, secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catania, il 62enne avrebbe avuto con la criminalità organizzata nel corso degli anni. Tesi che, dal canto suo, Nicotra nei giorni scorsi ha smentito dall’interno del carcere di Bicocca quando, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ha detto al giudice di essere soltanto vittima della mafia da 40 anni. 

Simone Olivelli

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