«Ho chiesto scusa a nome mio e dell’intera città, invitando le persone che si sono sentite offese qui da noi. Fatti come questi mi auguro che per il futuro non si ripetano». A parlare è il primo cittadino sindaco di Nicolosi Nino Borzì che, con queste parole, ha voluto esprimere il proprio disappunto dopo che un ristoratore, mercoledì sera, non avrebbe fatto cenare nel proprio locale 12 disabili sulla sedia a rotelle del centro socio-riabilitativo Csr-Aias di Viagrande. Un gesto ancora poco chiaro se si considera, inoltre, che i responsabili della struttura avrebbero prenotato i posti a sedere spiegando al titolare lo stato particolare in cui si trovavano i loro ospiti. «Nei prossimi giorni ho intenzione di convocare il proprietario del ristorante per avere la sua versione dei fatti – ha proseguito Borzì – Mi sembra corretto sentire anche l’altra campana. Dopo aver raccolto tutte informazioni del caso e se dovessi ravvisare nella vicenda, qualcosa di anomalo, prenderò dei provvedimenti in merito», conclude il sindaco.
A spiegare i dettagli di quanto avvenuto nella pizzeria in questione sono Graziella Lentini, un’assistente sociale del Consorzio siciliano di Riabilitazione, e i terapisti Enzo Barone e Dario Salanitro, tutti presenti quella sera. «Non possiamo soprassedere e lasciar passare nel silenzio questo episodio di discriminazione a danno di persone con disabilità – scrivono in una nota – Periodicamente organizziamo cene e serate per i nostri assistiti: sono tutti ragazzi e ragazze in carrozzina e per loro è importante vivere momenti di svago». Tuttavia, aggiungono gli operatori, quello «che è accaduto li ha lasciati con un senso di amarezza difficile da descrivere: si sono sentiti offesi».
«Appena arrivati, prima di far entrare i ragazzi nel locale – raccontano – abbiamo chiesto alla persona che ci ha accolti se fosse stato possibile togliere la gran parte delle sedie, lasciandone solo alcune per noi operatori che aiutiamo molti di loro a mangiare». Subito dopo, secondo quanto ricostruito dai responsabili della struttura, sarebbero iniziate le rimostranze e i toni sgarbati. La persona in sala, in particolar modo, avrebbe fatto togliere solo alcune sedie e alla successiva richiesta di rimuovere le altre, avrebbe risposto che «non potevamo comandare a casa sua, che la nostra presenza non era gradita» e, infine, «ci ha letteralmente fatti uscire in malo modo, dicendo di andare via dalla sua pizzeria, dove tra l’altro non c’era nessuno a parte noi».
«Ci chiediamo quale disturbo avremmo arrecato, ci chiediamo soprattutto se avventori normodotati avrebbero ricevuto lo stesso trattamento – aggiungono i tre specialisti – Siamo andati via senza dire una parola, ma solo per non turbare ulteriormente i ragazzi, che avevano comunque già capito tutto benissimo. Per fortuna – concludono – siamo stati poi accolti in un’altra pizzeria a poca distanza, senza alcun problema».
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