Un marciapiede che si interrompe improvvisamente. Così, per proseguire a piedi, bisogna camminare pericolosamente ai bordi della strada costeggiando una lamiera alta circa due metri. Succede nel quartiere Nesima a due passi dal liceo artistico Lazzaro. Il tratto della discordia, segnalato da diversi residenti, è quello a ridosso della rotonda tra via Torquato Tasso e via Generale Ameglio, alle spalle dei campi da calcetto Usa 94. «Questo problema c’è ormai da diversi anni. Prima l’area era incolta – racconta un abitante – ma adesso camminare accanto la parete di lamiere è molto pericoloso. Le macchine che arrivano da via Tasso spesso e volentieri passano vicine alla recinzione con il rischio di travolgere i pedoni».
Com’è possibile osservare da alcune foto scattate sul posto nei giorni scorsi, oltre a quelle dall’alto presenti sulle mappe di Google, la striscia grigia non è altro che la recinzione di un piccolo parcheggio privato con relativa tettoia. Quel fazzoletto di terreno, un tempo incolto, nasconde una vicenda decisamente complessa. Cominciata alla fine del 1999 e, dieci anni dopo, non ancora risolta. Oggetto del contendere un maxi risarcimento che i proprietari – 22 persone in totale – dovrebbero ricevere dal Comune di Catania. Reo, secondo una sentenza della giustizia amministrativa, di avere utilizzato un’area, corrispondente alla particelle 515 del foglio 20 dei registri del catasto, in maniera non del tutto legittima.
La situazione si trascina avanti da quando è partito il cantiere per la realizzazione della strada. Un appalto da quasi due milioni di euro per la costruzione della rete viaria a nord del viale Mario Rapisardi. Nello specifico i proprietari lamentano che il loro terreno sia stato tolto senza il necessario decreto d’esproprio. Chi ha torto e chi ragione? A deciderlo è il tribunale amministrativo, sezione di Catania. Chiamato a pronunciarsi su un ricorso in cui i privati chiedevano la condanna del Comune al pagamento di quasi 300mila euro «a titolo di risarcimento per illegittima occupazione e trasformazione» di poco più di 2000 metri quadrati. Corrispondenti, secondo i registrati catastali, alla particella della discordia. In parte modificata con la costruzione della strada e della rotonda e con una porzione rimasta non utilizzata e in cui oggi ricade il parcheggio.
A provare a fare un minimo di chiarezza in questa vicenda sono i giudici. Attraverso una sentenza ormai risalente al 3 agosto 2012. La condotta del Comune sarebbe qualificabile come «occupazione appropriativa», si legge nel documento. L’area cioè era stata dichiarata, con l’approvazione del progetto, di pubblica utilità e pertanto a prevalere sarebbe comunque stata l’autorità dell’amministrazione. Pur mancando «un formale provvedimento di occupazione o un decreto di esproprio». I giudici stabiliscono che la richiesta di risarcimento è fondata, nonostante la trasformazione dei luoghi con la costruzione dell’arteria viaria. I ricorrenti non chiedono però la restituzione del terreno ma il pagamento dei danni. D’altronde, scrivono i giudici, «è evidente la volontà dell’amministrazione di acquistare l’area che si è concretizzata con la trasformazione, operata, seppur illegittimamente, per fini di pubblica utilità». Così si arriva all’accoglimento del ricorso e alla conseguente condanna del Comune.
La situazione rimane bloccata fino al 21 aprile 2016. Quando a intervenire è ancora una volta il Tar con una nuova sentenza che intima a Palazzo degli elefanti di dare seguito alla prima condanna. «Entro il termine di 60 giorni – si legge nelle motivazioni del secondo documento – E, nel caso di ulteriore inadempienza, si ritiene di nominare commissario il prefetto di Catania per dare esecuzione al giudicato». Cosa che effettivamente si concretizza con l’insediamento del commissario governativo Tommaso Mondello, chiamato a non lasciare più solo sulla carta quanto stabilito dai giudici nel 2012. Negli anni però la situazione delle casse comunali è peggiorata e, come è possibile consultare da alcuni documenti, a stoppare il risarcimento è l’adozione del piano di riequilibrio del Comune, «che blocca tutte le procedure esecutive», fa mettere nero su bianco il direttore del Patrimonio Maurizio Trainiti.
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