Nell’Università dello Stretto di scena il Bignami alla ‘messinese’…

di Francesco Vecchio

Torna a parlarsi, a distanza di quindici anni, del “Verminaio” Messina, quel complesso sistema che vedeva la malavita penetrare nei gangli delle istituzioni. Sul quotidiano on line www.tempostretto.it leggiamo che, stavolta, ad essere influenzate erano le prove scritte per l’ammissione ai test della facoltà di Medicina ed alcuni esami per l’abilitazione professionale, come ad esempio, quello di dottore commercialista.

Sono state eseguite sei ordinanze di custodia cautelare. Agli arresti domiciliari sono finiti il docente di Statistica e Matematica all’Università di Messina, Marcello Caratozzolo, l’ex consigliere provinciale Dino Galati Rando, mentre la custodia in carcere è stata disposta per il calabrese Domenico Antonio Montagnese, 50 anni, nativo della provincia di Vibo Valentia. Le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, traffico illecito di influenze, millantato credito, voto di scambio e numerosi altri reati contro la pubblica amministrazione. Una donna avvocato ed il fratello devono, invece, sottoporsi all’obbligo di firma alla polizia giudiziaria.

Decine di persone sono, altresì, indagate nell’ambito della stessa inchiesta: in maggioranza docenti e studenti universitari. L’inchiesta è partita lo scorso anno; proprio intercettando Montagnese, si è scoperchiato quindi il sistema di cui si diceva prima e che condizionava, inoltre, anche le valutazioni per l’assegnazione di titoli. Secondo quanto si è appreso dalla conversazioni, intercettate, del Montagnese, il sistema politico avrebbe funzionato così: il professor Caratozzolo convinceva, tramite regalie, i propri colleghi a promuovere determinati studenti, i quali poi versavano delle cifre allo stesso Montagnese. Se qualcosa, da parte dei professori coinvolti, fosse andato storto, ecco l’intervento intimidatorio della malavita. Un microchip, piazzato all’orecchio del candidato e collegato ad una voce esterna, che suggeriva le risposte esatte, consentiva di far superare i test di Medicina a chi versava una cifra fra i 30 mila e i 50 mila euro.

Dino Galati Rando, secondo l’accusa, avrebbe chiesto ed ottenuto preferenze alle scorse elezioni regionali, nelle quali era candidato, proprio per agevolare, con le medesime modalità, la promozione degli studenti che frequentavano i suoi istituti. Salvatore D’Arrigo è, invece, accusato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, per aver minacciato due orafi messinesi, che non erano più nelle condizioni di restituire il denaro, prestato loro da Montagnone, con tassi di interesse del 50% mensili. Gli orafi non ce la fecero ad onorare il debito ma D’Arrigo li avrebbe raggiunti pure in Lombardia.

Redazione

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