Il lavoro della commissione Antimafia dell’Ars sulle condizioni di disagio sociale in cui versano molti minori che vivono nelle aree periferiche delle città siciliane è arrivato al termine. Approvata all’unanimità anche la relazione che mette insieme otto mesi di audizioni e di inchiesta. Una relazione che cerca di dare una spiegazione alla vulnerabilità sociale di questi minori, tra carenza di risorse, frammentarietà e lentezza degli interventi, a cui si aggiunge l’assenza di sinergia istituzionale, di spazi di socialità e la costante insidia dei modelli culturali proposti dalla criminalità organizzata.
Organizzazioni criminali per cui «i figli sono stati sempre i preferiti, coloro che in linea retta devono succedere ai padri – come spiega la magistrata Teresa Principato – Serviva loro un punto di riferimento quale la scuola? Assolutamente no, serviva l’esempio dei disvalori ai quali venivano educati e una disapprovazione verso tutto quello che viene dallo Stato. Questa tradizione mafiosa non possiamo minimamente pensare che non abbia influenzato la realtà. Perché le famiglie oggi non incoraggiano i figli ad andare a scuola? Perché i picciotti devono fare altro. Ci sono intere famiglie che vivono dell’attività di spaccio di stupefacenti condotto dai bambini».
Una vita, quella dei minori a rischio, in zone in cui l’abbandono scolastico supera talvolta anche di molto il 60 per cento, che ha come risultato spesso l’isolamento e la perdita di ogni prospettiva o aspettativa nei confronti del futuro. «Se pensiamo che questi ragazzi, per volontà divina, possano trovare integri i loro diritti e sapere di possederli e utilizzarli fino in fondo in quartieri in cui c’è soltanto la scuola e la caserma dei carabinieri – dice il presidente della commissione Claudio Fava – dove ci sono costruzioni incompiute per impianti sportivi, centri sociali, mai completate perché intanto bisognava finire l’ultima stringa di case popolari, se si pretende da questi ragazzi spesso indotti a lasciare la scuola o da famiglie poco attente o dall’estrema inadeguatezza del sistema di sostegno sociale, se pensiamo che in queste condizioni si possa costruire una prospettiva di vita, di opportunità, di solidità rispetto al futuro, crediamo a una favoletta».
«Mancano luoghi di aggregazione – aggiunge la deputata Roberta Schillaci – Bisogna investire, invece vediamo ancora scuole chiuse nelle ore extracurriculari, palestre chiuse, impianti sportivi inesistenti, ma la cosa che manca più di tutte è un’attività di coordinamento, di sinergia, tra gli enti istituzionali preposti: l’assessorato alla Salute, all’Istruzione e alle Politiche sociali che dovrebbero dialogare tra loro e intraprendere delle attività integrative con una visione per la Sicilia. Invece vediamo tanti interventi spot dei vari assessorati, che però non sono strutturati e non sono quello che serve alla Regione per superare il problema della dispersione scolastica e della devianza minorile».
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