Una lotta e un divenire nel linguaggio stemperato della politica che ammette tutto e il suo contrario, annacquando nel compromesso il migliore esito di mediazione. Un fine e un contrasto di fini, una guerra di posizioni generazionale e post ideologica. L’odore dei corridoi impregnati di fumo di sigarette, riunioni, lunghe ed articolate, alla ricerca dell’accordo possibile. Si dovrà chiudere nei prossimi giorni la partita, rimasta al momento aperta, per la successione di Antonello Cracolici, come capogruppo all’Ars del Pd.
Non sono pochi i tasselli da incastrare al posto giusto in grado di garantire agibilità al percorso parlamentare di governo e di legislatura. Oltre ai conflitti latenti sullo sfondo dei delusi e dei parlamentari che sono rimasti a bocca asciutta dopo il secondo rimpasto di giunta, la prospettiva diventa di difficile controllo per l’integrazione, ormai di fatto una necessità reale, tra le forze confluite dall’esterno, prime tra tutti Articolo 4 e la struttura originaria di base del Partito democratico. Proprio sul confronto serrato tra le due anime, si accende la prima miccia.
La proposta, rimasta al momento in piedi, di matrice faraoniana che riguarda Luca Sammartino, proveniente dal movimento fondato da Lino Leanza, rischia di far deflagrare il Pd a Catania. L’esponente centrista approdato alla corte dei renziani di Sicilia rappresenterebbe infatti se non proprio un corpo estraneo, un elemento da integrare nella struttura di partito e di territorio che i Dem a Catania, mantengono tradizionalmente forte e discretamente chiusa. Se Davide Faraone si dovesse trovare a insistere sul suo nome, le fibrillazioni si annunciano elevate. Intanto nel gruppo dei nove deputati all’Ars confluiti in area renziana non mancano i sostenitor idi questa idea. Tra chi apprezza maggiormente l’apertura ai nuovi, sicuramente l’ex sindaco di Ragusa Nello Dipasquale: «Sammartino è un volto nuovo, pulito, con le carte in regola per ricoprire il ruolo di capogruppo. Il Pd ormai è un partito a vocazione maggioritaria, l’anima tradizionalista si deve fondere con i nuovi gruppi, nell’interesse di una dinamica di crescita».
Il parere del parlamentare ragusano riassume peraltro una posizione più ampia di quella che inizialmente qualcuno ha valutato. Faraone sa che forzare non aiuterà a risolvere le cose e a comporre il quadro, ma la puntata forte a cui non sottrarsi rimarrebbe questa. L’alternativa nel gruppo dei parlamentari di area renziana che rimane in campo come valida è quella di Mario Laccoto. Va inoltre ricordato che l’area Cuperlo in Sicilia, che ha espresso Cracolici e Marziano come assessori, aveva prenotato la postazione di capogruppo all’Ars, come parziale rinuncia a un terzo componente in giunta. Gli accordi in politica sono fatti per essere disattesi, ma nel caso in cui la convergenza delle inerzie contrapposte tra le varie posizioni confluisse in quella direzione, Antonello Cracolici non si farebbe trovare impreparato. Se dovesse valere questa premessa i nomi spendibili sono tre: Pippo Digiacomo, che andrebbe a liberare la presidenza della commissione Salute, Filippo Panarello e Giovanni Panepinto. Quest’ultimo avrebbe probabilmente più chance in termini di capacità di coesione e storia di partito. L’attuale sindaco di Bivona rappresenta infatti un volto storico della sinistra del Pd, particolarmente rispettato all’interno del parlamento siciliano.
Riepilogando, lo scenario che va a profilarsi metterebbe in campo un nome e un volto nuovo opposto al consolidato schema di riferimento dei vecchi Dem. Una poltrona per due dunque, ma anche un’accesa lotta di posizioni in un partito che è chiamato a mettersi in discussione. Un punto di compromesso e di mediazione potrebbe alla fine riguardare una donna. L’ipotesi di Mariella Maggio rimarrebbe a quel punto certamente un nome spendibile.
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