Navarra, dall’idea del ritiro ai richiami all’unità «Altri nascondono i problemi, noi discutiamo»

«In tanti si stanno avvicinando ed è a questa gente che noi facciamo appello. Ci sono le condizioni per ottenere un ottimo risultato. E ci sono delle difficoltà, com’è normale che sia in un progetto che è una novità nel panorama nazionale». Ne è convinto Ottavio Navarra, candidato nella lista Cento Passi per la Sicilia, che prova a stemperare gli animi dopo le polemiche degli scorsi giorni attorno alle candidature. Tanti i punti di scontro all’interno della coalizione, dai mal di pancia per la scelta di candidare l’ex assessore di Lombardo, Ciccio Aiello, a Ragusa, fino alle liste di Trapani e al caso Palagonia, che si starebbe risolvendo in queste ore. Tutte frizioni che hanno portato Navarra al punto di pensare di ritirarsi dalla competizione elettorale. Salvo poi decidere di proseguire nel percorso comune della sinistra siciliana.

Navarra, perché alla fine ci ha ripensato?
«Paghiamo anche il prezzo di questa novità perché questa coalizione, questa idea del quarto polo, è venuta fuori attraverso un percorso non facilissimo e quindi il tempo di stemperare è stato breve. Malgrado questo, però, ci sono percorsi, competenze, idee, progetti che meritano di avere una possibilità di potercela fare».

Negli ultimi giorni sono almeno tre i casi finiti alle cronache e legati alla lista Cento Passi per la Sicilia: Palagonia, Aiello e Trapani. Come far rientrare i mal di pancia?
«Mi auguro che si recuperi la situazione di Palagonia, negli altri due si è assunta una decisione che è quella. Chi ha caldeggiato queste soluzioni ha su di sé il peso non soltanto del risultato, ma anche della qualità del risultato che si porta a casa».

A destra si tende a far passare un messaggio di unità, magari più formale che sostanziale, che invece a sinistra si sacrifica in virtù della dialettica, magari aspra. In campagna elettorale è un limite o una risorsa?
«Assolutamente una risorsa, un valore. Penso che non ci siano coalizioni peggiori di quelle in cui tutto viene nascosto sotto la polvere e si fanno i sorrisi di circostanza. Noi siamo una coalizione che si sta mettendo insieme ed è chiaro che questo porta con sé una difficoltà in più da risolvere. Non è facile trovare sempre le soluzioni migliori o che piacciano a tutti, fa parte di una normale dialettica all’interno di una coalizione. Il nostro progetto mette insieme non soltanto i partiti, ma anche importanti pezzi di territori, società civile, associazionismo e movimenti. Non si tratta di somme algebriche, ma di risorse fondamentali, da valorizzare».

Proprio dalle pagine del nostro giornale si è consumato un duro botta e risposta tra Angelo Forgia, secondo cui il progetto iniziale sarebbe stato snaturato, e lo staff della lista. Cosa rispondere a chi sostiene questa tesi?
«Questo progetto sicuramente ha subito variazioni e modifiche, ma credo sia normale. Se accogli altri e insieme con gli altri costruisci una casa, devi pensare di discutere insieme, per cui quella casa alla fine non avrà le stesse identiche caratteristiche del progetto iniziale. Personalmente non condivido le osservazioni di Forgia, tra l’altro mi sembrano anche tardive. Poi, per carità, ognuno può dire liberamente ciò che vuole, però penso che in questi primi giorni di campagna elettorale stiamo mettendo al centro una serie di temi che non sono nell’agenda tradizionale della politica siciliana».

Insomma, i contenuti sono ancora tutti lì.
«Sì. Penso al tema dell’abusivismo, della lotta alla mafia, delle infrastrutture così come lo stiamo affrontando, penso al tema del diritto allo studio. Penso che queste cose non siano un optional, ma l’ossatura di un modello di Sicilia diversa che vogliamo mettere in campo. Penso anche, a proposito di diritto allo studio, che difficilmente Micari potrà tornare a fare il rettore dopo questa esperienza, perché non sarà più il rettore di tutta l’università. Ecco, quando in Sicilia si premiano due ex rettori in una università come quella di Palermo che mostra le crepe del suo funzionamento, è il segnale che qualcosa non va. Abbiamo il 25 per cento di ricercatori in meno, il 25 per cento di dottorandi in meno, metà degli assistiti dall’Ersu rispetto al passato, mentre la vita degli studenti fuorisede continua ad essere come quella di vent’anni fa. Perché premiare chi è responsabile di tutto ciò? Noi diciamo queste cose e notiamo il silenzio degli altri, a cominciare dai grillini, che accarezzano la pancia della gente, senza affrontare i nodi strutturali. La battaglia è tutta in piedi, ha tutte le caratteristiche per arrivare al cuore dei siciliani. Poi che ci possa essere il confronto è chiaro, serve trasparenza è inutile nascondere le cose agli elettori, dire quali sono le cose che vanno bene e quali non funzionano. Non appartiene alla tradizione della politica? Me ne faccio una ragione, vuol dire che non faccio parte di una certa tradizione politica».

Miriam Di Peri

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