Museo ‘Riso’? Troppo bello. Va chiuso

Sembra incredibile. Il museo di arte contemporanea ‘Riso’ di Palermo che tutti ci invidiano rischia la chiusura. Che succede? La versione che si sta cercando in tutti i modi di accreditare è che la responsabilità di tutto è dei vertici amministativi dello stesso museo – con in testa il direttore Sergio Alessandro – che avrebbero sbagliato la programmazione, calcolando male i tempi, e decretando, così l’interruzione delle attività. Il tutto a fronte di un governo regionale che, invece, lo vuole a tutti i costi tenere aperto. In realtà, come ora cercheremo di raccontare, le cose stanno esattamente al contrario.
Intanto, una breve ‘zoomata’ per capire di che cosa stiano parlando. Questo museo vede la luce a Palazzo ‘Riso’, proprio di fronte Piazza Bologni, nel cuore del centro storico di Palermo. Un edificio storico salvato, negli anni ‘60 del secolo scorso, da un assessore comunale socialista, Anselmo Guarraci, che riusce a toglierlo dalle ‘grinfie’ del ‘palazzinari’ sponsorizzati, anzi capeggiati dall’allora assessore comunale all’urbanistica, Vito Ciancimino (sindaco è Salvo Lima). Quando Guarraci lo mette in salvo, i ‘palazzinari’ hanno già iniziato a smembrarlo dall’interno.
Nei primi anni del 2000 un gruppo di giovani funzionari della Regione – tra questi Sergio Anselmo, oggi direttore, e Antonella Amorelli, che è sempre stata l’anima e l’appassionata protagonista di questa esperienza – propongono alla politica siciliana dell’epoca il progetto per un museo regionale dell’arte contemporanea. L’idea piace a Gianfranco Miccichè, fondatore e allora ancora leader di Forza Italia in Sicilia. L’allora presidente della Regione, Totò Cuffaro, non si oppone.
In quegli anni – quando partiva la programmazione dei fondi europei di Agenda 2000 – erano in tanti a progettare opere e iniziative. Con risorse di Bruxelles, ma anche con soldi regionali. Alcune di queste idee sono abortire sul nascere. Altre erano solo speculazioni. Altre erano sbagliate. Il museo di arte contemporanea ‘Riso’ di Palermo, invece, è stato un progetto vincente. Forse l’idea trasformata in realtà è venuta fuori bene per la sentita partecipazione di tanti giovani artisti siciliani. O forse perché il gruppo di funzionari della Regione – in testa Antonella Amorelli e Sergio Anselmo – hanno fatto le cose con grande passione. Fatto sta che l’inziativa ha avuto successo. Forse troppo successo per passare inosservata in una Sicilia – e soprattutto in una Palermo – dove, ancora oggi, ‘il peccato di fare’ non viene perdonato.
Il museo ‘Riso’ non ha mai acquistato ‘pacchetti’ di mostre dal Centro Nord Italia o da questo o quel Paese estero. Al contrario, ogni iniziativa è stata sempre ‘pensata’, organizzata, curata in ogni dettaglio, coinvolgendo gli artisti locali, ma con l’occhio rivolto al contesto culturale internazionale. Guardare all’arte contemporanea di tutto il mondo e, contemporanamente, mettere in ‘rete’ tutte le esperienze sbocciate in Sicilia negli ultimi venticinque anni, dalla ‘Fiumara d’Arte’ di Antonio Presti alla straordinaria esperienza di Gibellina voluta dal compianto Ludovico Corrao. Per tornare a Palermo con un’altra ‘felice’ invenzione degli ultimi anni (in realtà, tra le poche ‘felici’ invenzioni degli ultimi anni): Montevergini.
Tutto è andato bene fino a quando non sono cominciate, come dire?, le stranezze. La prima stranezza è rappresentata dai lavori di adeguamento di Palazzo ‘Riso’. Il progetto originario è del 2004. Sono previsti adeguamenti degli spazi esterni e restauro del piano terra, con la creazione di aree per gli uffici e un ascensore. Improvvisamente, nel 2005, la Sovrintendenza di Palermo decide di cambiare le carte in tavola e propone di realizzare altri due piani. Si scatena un putiferio. La manovra, è inutile girarci attorno, sembra infatti ‘confezionata’ a pennello per bloccare le attività del museo ‘Riso’ che, evidentemente, fa ‘ombra’ a qualcuno. Non si tratterebbe più, infatti, di lavori di adeguamento, ma di un rifacimento bell’e buono di un Palazzo storico al quale dovrebbero essere aggiunti altri due piani!
C’è, in questa scelta, una vena di ‘appaltismo’ siciliano: va da sé, infatti, che un milione e 100 mila euro per l’adeguamento non potrebbero bastare mai: ce ne vorrebbero tanti altri. E ci vorrebbe, naturalmente, un sacco di tempo. Se non altro, perché gli appalti alla siciliana – anche se riguardano beni culturali – durano, notoriamente, decenni. Per non parlare del fatto che un conto sono gli adeguamenti di un museo, perfettamente compatibili con l’attività museale; mentre ben diversa cosa è la realizzazione di due piani, lavori strutturali che non consentono al museo alcuna attività. Insomma, Palazzo ‘Riso’, da museo, si dovrebbe trasformare in una ‘fabbrica delle ta…’ nel nome del solito appaltismo.
Fine dei problemi? Assolutamente no. Perché nonostante la volontà del governo regionale – dell’attuale governo regionale – nonostante la volontà del dipartimento regionale dei Beni culturali – dell’attuale dirigente generale l’architetto-’giurista’ Gesualdo Campo (si proprio lui, quello che tiene famiglia nell’ufficio di rappresentanza della Regione siciliana a Bruxelles, dove ha ‘sistemato’ la figlia) – il progetto dei due nuovi piano di Palazzo ‘Riso’ non convince. Ma va avanti lo stesso.
Mentre si discute su questo bizzarro progetto – che, lo ribadiamo, ha il duplice scopo di spazzare via il museo ‘Riso’ e di creare i presupposti per la solita ‘scorpacciata’ di appalti pubblici con annessi e connessi – il governo Lombardo e il dirigente generale Campo si inventano un’altra sceneggiata. Il museo ‘Riso’ ha presentato progetti per 12 milioni di euro a valere sui fondi europei della Programmazione 2007-2013. Ma questi progetti, inspiegabilmente, giacciono da tempo nei ‘cassetti’ del dipartimento dei Beni culturali. Di erogare queste somme, indispensabili al museo ‘Riso’per programmare ed effettuare la propria attività museale, non se ne parla nemmeno. Notare il particolare: il governo che dice di stare facendo di tutto per spendere con celerità i fondi europei si tiene da un anno nel ‘cassetto’ 12 milioni di euro pur di non erogarli al museo ‘Riso’.
A un certo punto, ieri, tra i ‘palazzinari’ che premono per realizzare i ‘due nuovi piani’ nell’edificio, tra un governo interessato a fare fuori gli attuali vertici del museo (poltrone in più per Lombardo, Cracolici e Lumia), tra un dirigente generale che fa il pesce dentro il barile, gli stessi vertici del museo ‘Riso’ prendono carta e penna e vergano il seguente comunicato: “Di fronte alla mancanza di certezze riguardo alle risorse europee destinate al Museo sui finanziamenti POR del prossimo triennio (per i quali questo Museo ha per tempo presentato i progetti e la documentazione necessaria), mancanza di certezze che impedisce di programmare iniziative, mostre, collaborazioni, se pur già previste e annunciate, prendendo atto dell’avvio del cantiere di strutture di sopraelevazione del Museo che ne impediranno l’apertura nei prossimi anni, siamo costretti, per rispetto a quanti hanno costruito con noi, e hanno sostenuto, dal 2007 a oggi, un progetto e un modello di Museo originale e partecipato (con una media di 100.000 visitatori dal 2009 che hanno fatto di Riso il secondo Museo più visitato della Sicilia dopo il Museo Archeologico di Siracusa), ad annunciare la chiusura di questa esperienza e la sospensione di ogni attività”.
Il governo Lombardo, il dirigente generale Campo – e soprattutto i ‘palazzinari’, che finalmente potranno realizzare i ‘sospirati’ nuovi due piani di Palazzo ‘Riso’ (di cui tutti, a Palermo ‘avvertiamo’ l’appaltistico bisogno), magari tirando i lavori per i prossimi dieci anni tra perizie suppletive, aggiornamenti prezzi, pronuncimenti del Tar o del Cga e via cavillando – hanno vinto. Resta l’ultima cosa da fare, e da fare bene: scaricare pirandellianamente la responsabilità di quanto sta avvenendo sugli attuali vertici del museo ‘Riso’ che, dal 2005 si oppongono a tutto questo.
I lavori per i due nuovi piani di Palazzo ‘Riso’? Sono sacrosanti! L’architettura contemporanea deve raccogliere la sfida della modernità. Come: stiamo realizzando il progetto Quaroni e ci dobbiamo preoccupare per due piani in più a Palazzo ‘Riso’ che vedremo, bene che vada, tra dieci anni? Giammai! E il museo? Nell’arte contemporanea cosa c’è di più ‘contemporaneo dei muratori che si mescolano con le opere d’arte…
La programmazione delle attività? I vertici del museo avrebbero potuto metterla a punto lo stesso. E’ già messa a punto, in verità: mancano solo i soldi… i ‘famigerati’ fondi europei. Risposta (che Campo, c’è da giurarci, diffonderà nei prossimi giorni): i progetti a valere sui fondi europei non vanno bene. E ci voleva un anno per accorgersene! Che volete i ‘tecnici’ del dipartimento dei Beni culturali chiamati a valutare i progetti hanno i loro tempi. Sono degli intellettuali (come Campo, immaginiamo). E, in ogni caso, i vertici del museo avrebbero potuto programmare con il bilancio in dodicesimi. E qui forse hanno ragione, perché Lombardo, da quando è presidente della Regione, non ha mai fatto approvare un bilancio di previsione prima dell’aprile dell’anno successivo…
Insomma, per far trionfare a Palermo il solito ‘peccato di fare’ ci voleva un catanese (il presidente Lombardo) e un messinese (Campo). Ah, dimenticavamo: ci sarebbe, in questa storia anche l’assessore dei Beni culturali e della ‘Identità siciliana’, Sebastiano Missineo. Dov’è? Forse, così c dicono,si sta occupando, appunto, dell’Identità siciliana…

 

 

Giulio Ambrosetti

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