Musei aperti nel week-end, la richiesta su Facebook «In Sicilia troppi dipendenti gestiti malamente»

«Ci sono situazioni in cui è necessario che a indignarsi siano i siciliani, non soltanto i giornalisti. Quello dei musei chiusi nel fine settimana è una di queste». Attilio De Luca, 34 anni, fa il consulente aziendale e lavora, tra gli altri, per l’università di Catania. Il 5 novembre è andato ad assistere a una lectio magistralis di Vittorio Sgarbi al Castello Ursino, organizzata dal settimanale Panorama. Nel corso dell’appuntamento, Sgarbi ha fatto riferimento alla faccenda – con la quale si era scontrato lo scorso settembre a Lipari – degli enti museali che in Sicilia sono inaccessibili al pubblico nei week-end. Così Attilio è tornato a casa e ha aperto una pagina Facebook: «No ai musei siciliani chiusi il sabato e la domenica», si chiama. Più chiaro di così. Una richiesta che parrebbe facile accogliere, ma che si rivela più complicata del previsto, tanto che Cgil, Cisl e Uil hanno affrontato il problema pochi giorni fa col neo-assessore regionale ai Beni culturali Antonio Purpura. Dall’incontro istituzionale è venuto fuori è un «forse»: «Quasi certamente i siti culturali siciliani potranno essere fruibili sia nei festivi sia nel periodo natalizio», hanno scritto i sindacati in una nota. «Un contentino», lo definisce De Luca.

«Io non credo che si tratti di tutelare meno i lavoratori, credo che si tratti di usarli meglio», spiega Attilio. «Se un ristorante fosse aperto tutto il giorno tranne che a ora di pranzo o cena non sarebbe forse condannato al fallimento? – chiede – Abbiamo luoghi bellissimi e non sappiamo sfruttarli. Il Colosseo e il Metropolitan museum hanno lo stesso numero di visitatori. Ma a New York fatturano dieci volte di più che a Roma». La questione è sentita e in poco più di una settimana la pagina ha raggiunto quasi i duemila mi piace. «Tra questi, molti sono operatori del settore», aggiunge il fondatore della fanpage. E tra gli utenti c’è anche chi racconta la sua storia. Come Enza: «Ho già preparato il mio itinerario con i gruppi che porto dalla lontana Australia – scrive la donna – Ero fiera di mostrare la mia amata Aidone, ma il nostro arrivo nell’Ennese capita di sabato e domenica. Che dovrei fare? Cancellare?».

«La mia e, immagino, quella delle persone che seguono la pagina non vuole essere una protesta, vuole essere una manifestazione di interesse», afferma Attilio De Luca che, visto il suo impegno passato in associazioni universitarie, precisa: «In questa storia la politica non c’entra niente. Non ce l’ho col governo regionale di centrosinistra, perché col centrodestra non è che fosse meglio». E prosegue: «Credo che gli sforzi principali vadano fatti nei confronti dei siti che hanno un grosso flusso turistico nonostante siano sponsorizzati male o per nulla». Un esempio? «Il Satiro danzante di Mazara del Vallo, una scultura di valore paragonabile solo ai Bronzi di Riace. Il massimo che ho trovato è una pagina dedicata sul sito della Regione e nient’altro». Va meglio, ma di poco, alla Dea di Morgantina, la celebre statua tornata in patria da una lunga vacanza al Getty museum di Los Angeles, dopo una controversia diplomatica tra Italia e Stati Uniti: un sito dedicato c’è, ma non è ufficiale ed è zeppo di banner pubblicitari.

«Non credo che quello attuale sia il modo migliore per gestire i musei isolani. La casa natale di Luigi Pirandello, ad Agrigento, ha 66 custodi. Sessantasei. Non è uno spreco?». A fare da contraltare a questi numeri, però, ci sono i dati delle realtà virtuose «che spesso non hanno a che fare con gli enti pubblici»: «Prendiamo il Monastero dei Benedettini, a Catania. Ci sono volte in cui lo tengono aperto anche di notte, e le visite le organizza l’associazione Officine culturali, formata da ex studenti. Sono giovani, preparati e capaci: hanno assunto sette persone con contratti part-time. Vuol dire che lo spazio c’è, no? E allora diamoglielo. I sindacati dicono che forse apriranno a Natale: è qualcosa, ma non basta».

Luisa Santangelo

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