In dieci giorni il Tar di Palermo ha assestato due duri colpi ad altrettanti provvedimenti del governo Crocetta. Prima, giudicando illegittima la cosiddetta revoca della revoca delle autorizzazioni per il Muos. Poi, pochi giorni fa, accogliendo il ricorso della società Humanitas sulla realizzazione del centro catanese di oncologia. Due decisioni importanti della giunta regionale seccamente bocciate dai giudici amministrativi. Due casi mediaticamente e politicamente rilevanti. In entrambe le occasioni, però, il presidente Rosario Crocetta ha parato i colpi, provando a capovolgere la realtà. «Per noi non è una sconfitta – disse la prima volta – Abbiamo subito la scelta del Muos, fatta da altri. Non lo abbiamo autorizzato noi, anzi io ho tentato di revocarlo». «La sentenza del Tar dice che la delibera sull’Humanitas era perfettamente legittima – commenta oggi il governatore a proposito del secondo caso – e dimostra che il governo e l’assessore Lucia Borsellino avevano ragione».
Il tentativo di tenere in piedi sacchi vuoti si scontra con le parole dei giudici amministrativi. La sentenza sul caso Humanitas depositata lo scorso 22 dicembre passa in rassegna gli atti dell’assessorato regionale. La società milanese – rappresentata in Sicilia da Giuseppe Sciacca, amministratore delegato, e dalla sorella Nuccia Sciacca, rispettivamente zio e madre del deputato di Articolo 4 Luca Sammartino – avrebbe investito circa cento milioni di euro per realizzare un centro oncologico.
Il 2 luglio del 2013, una delibera della giunta regionale dà parere positivo alla bozza di accordo da siglare con la società Humanitas che prevedeva, tra l’altro, la conversione di 70 posti letto da libero professionali a convenzionati e l’assegnazione di una ulteriore quota di budget per un massimo di dieci milioni di euro. Acquisita la documentazione antimafia da parte di Humanitas, il 5 settembre 2013 viene sottoscritto l’accordo, che viene formalmente approvato con decreto assessoriale il 12 settembre. L’impegno della Regione viene giustificato con «l’interesse che riveste l’investimento per la cittadinanza e il territorio; la realizzazione di un polo d’eccellenza finanziato esclusivamente con capitale privato; la significativa riduzione della migrazione di pazienti oncologici verso altre regioni; la creazione di nuovi posti di lavoro; la garanzia di una formazione altamente qualificata per le professioni sanitarie; l’organizzazione di un centro di ricerca oncologica».
Circa un mese dopo, il 15 ottobre 2013, l’assessore Borsellino revoca il decreto del 12 settembre, ritenendo «pregiudiziale all’incremento di posti letto in regime di convenzionamento la disponibilità di risorse economiche e l’inserimento nella procedura di riordino della rete ospedaliera». Il 6 novembre la giunta regionale ritira anche la delibera del 2 luglio, facendo riferimento «all’esigenza di rispettare il parametro di 3,7 posti letto per abitante, nonché alla subordinazione dell’efficacia dell’accordo alla sua compatibilità con i vincoli imposti dalle normative di settore». Infine, con una nota del 9 dicembre 2013, l’assessore precisa che «l’accordo aveva un contenuto meramente programmatico e che l’astratta utilità della iniziativa non poteva legittimare deroghe alla normativa in materia di spending review».
I giudici accolgono il ricorso di Humanitas definendo vincolante l’accordo siglato dalla Regione il 5 settembre. Dunque non danno ragione a Crocetta e Borsellino, ma ne smentiscono la marcia indietro. «Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa erariale – scrive la terza sezione del Tar di Palermo – non si trattava di una mera condivisione di massima di un progetto imprenditoriale autonomamente predisposto da Humanitas». Perché, continuano i giudici, «nelle premesse dell’accordo si afferma testualmente che: “L’assessorato è consapevole che, tenuto anche conto dell’attuale difficile congiuntura economico finanziaria, la realizzazione di nuovi importanti strutture sanitarie, quali quella oggetto dell’investimento, è condizionata all’ottenimento di un incremento dei volumi dell’attività sanitaria erogabile e che gli impegni assunti dall’assessorato con il presente accordo rappresentano condizione essenziale per la realizzazione dell’investimento da parte di Humanitas». Secondo il Tar, dunque, «l’amministrazione regionale ha assunto obblighi precisi riferiti all’accreditamento e alla contrattualizzazione di ulteriori posti letto. Chiara – si legge ancora nella sentenza – è la previsione dell’impegno a convertire 70 posti letto da rapporto libero professionale ad accreditati e da contrattualizzare con conseguente spesa a carico dell’amministrazione regionale. Si ha, a ben vedere, l’assunzione di precisi impegni economici i quali sono stati quantificati nel loro ammontare massimo (10 milioni di euro)».
Dulcis in fundo, secondo l’interpretazione del governo Crocetta, «alle normative di settore si sarebbe dovuto subordinare l’intero accordo con Humanitas». Sbagliato, dicono i giudici. «La pubblica amministrazione – scrivono – non può rinviare la verifica della conformità dei propri atti alla normativa vigente ad un momento successivo a quello della sua adozione, la clausola in questione aveva un diverso significato. Deve, infatti, ritenersi che la verifica di compatibilità con le norme di settore emanate ed emanande fosse riferita non all’impegno nella sua interezza, ma alla struttura che Humanitas doveva realizzare. L’esigenza sottesa alla clausola era, in particolare, quella di verificare la conformità del centro come realizzato alla normativa di settore ai fini dell’accreditamento».
In cosa dunque il Tar darebbe ragione a Crocetta e Borsellino, come sostiene il governatore? «E’ singolare – ha commentato il presidente della Regione – ribaltare il senso di questa sentenza. Noi revocammo la delibera per una pressione senza precedenti del parlamento siciliano e di tutte le forze politiche per dimostrare proprio che non volevamo favorire nessuno. Ricordo le polemiche di allora, a momenti dovevamo dimetterci tutti perché con la delibera Humanitas avevamo fatto persino un atto illegale, qualcuno addirittura ha pure presentato esposti in Procura, sostenendo che volevamo favorire un’azienda privata e persino qualche deputato. A quelle accuse – aggiunge – replicavamo che non avevamo favorito alcuno ma che prevedevamo la possibilità che un privato investisse per impedire i viaggi della speranza dei malati di cancro verso il Nord Italia e creare punti di eccellenza da attribuire secondo le compatibilità con la rete sanitaria, ma naturalmente tutti chiedevano la nostra testa». Il Tar darebbe quindi ragione alla giunta sul primo atto che però, dietro pressioni e condizionamenti afferma Crocetta e nonostante la convinzione di essere nel giusto, è stato smentito dallo stesso governo regionale con un atto illegittimo secondo i giudici.
Illegittimo tanto quanto le delibere sul Muos. La prima, la revoca delle autorizzazioni, perché non sarebbe dovuta essere una revoca ma un annullamento con valore dunque retroattivo. La seconda – la revoca della revoca – perché un annullamento non si può revocare. Un triplo pasticcio su cui Crocetta pretende anche ragione.
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