Mozione di sfiducia? Poi Lombardo, se vuole, può non dimettersi

Da oltre un mese la politica siciliana si balocca su ipotetiche mozioni di sfiducia al Governo regionale presieduto da Raffaele Lombardo. A Sala d’Ercole, addirittura, si fronteggerebbero due mozioni. La prima presentata da Pdl, Pid e Grande Sud. La seconda da Pd e Udc. Di questi tre partiti, due – Grande Sud, Udc – sono stati alleati di Lombardo, condividendone metodi e clientele. Un terzo partito – il Pd – fa ancora parte del Governo che, adesso, a parole, vorrebbe buttare giù. Una sceneggiata indecorosa.

Al teatrino si è unito il presidente dell’Ars, Francesco Cascio, che non riesce proprio a tenersi a distanza dagli scenari dove quello che resta della politica siciliana degenera in farsa. Il suo ruolo è quello di dire e ribadire che la mozione di sfiducia potrà essere “calendarizzata” (che bella parola…) dopo il 28 luglio, cioè solo nel caso in cui il presidente Lombardo, contraddicendo alla solenne promessa fatta, non si dovesse dimettere.

Siccome ci siamo stufati di assistere a questo teatrino, siamo andati a vedere come stanno le cose. Senza la pretesa, ovviamente, di detenere la verità assoluta su questa benedetta mozione di sfiducia. Ebbene, abbiamo letto quello che c’era da leggere. Per scoprire che, in questa storia, ci sarebbe ampio spazio per un laico dubbio.

Il nostro dubbio si riassume nella seguente domanda: gli eminenti giuristi del Pdl, del Pid, di Grande Sud, dell’Udc e del Pd, ci potrebbero spiegare, di grazia, sulla base di quale legge costituzionale il presidente della Regione, al cospetto di una mozione di sfiducia approvata da Sala d’Ercole, si dovrebbe dimettere?

Noi, questa legge – visto che questo ‘intelligente’ argomento è su tutti i giornali siciliani da oltre un mese – l’abbiamo cercata. Ma non l”abbiamo trovata.

Noi, ovviamente, non facciamo testo. Ma siccome l’Unione Europea delle finanza speculativa e i ‘mercati’ non ci hanno ancora tolto la libertà di parola, a noi risulta che, dopo l’eventuale mozione di sfiducia al Governo votata da Sala d’Ercole, il presidente della Regione siciliana si può tranquillamente gustare un caffè – o un the verde nel caso di Lombardo, magari freddo, visto che siamo in estate – e poi recarsi Palazzo d’Orléans – sede della Presidenza della Regione siciliana – per tornare a lavorare. Per un motivo semplice: perché non c’è alcuna legge costituzionale che lo obbliga a dimettersi nel caso in cui l’Ars dovesse votare la sfiducia al suo Governo.

Ripetiamo: questa è la nostra tesi, magari discutibile. Noi non siamo bravi come lo sono, ad esempio, i ‘giureconsulti’ dell’Assemblea regionale siciliana che, ‘dottrina alla mano’ (o sotto i piedi?), sostengono – o fanno sostenere dal primo ‘intelligente’ che passa – che la mancanza di una legge dell’Ars può bloccare una legge costituzionale.

Noi, al contrario, ci limitiamo a constatare la mancanza di una legge costituzionale. Che, forse, andava discussa e inserita nel 2001, quando è stata introdotta l’elezione diretta del presidente della Regione siciliana. Forse chi si balocca con le mozioni di sfiducia si ricorda ancora di quando i presidenti (e gli assessori regionali) venivano eletti dall’Ars. Che, con un voto di sfiducia, poteva gettare a terra il presidente o uno o più assessori. ‘Forse’, ora, non è più così.

‘Forse’, ora, per mandare a casa il Governo – e contestualmente l’Assemblea regionale siciliana – servono le dimissioni di 46 deputati su 90. E poiché non riteniamo gli attuali ‘inquilini’ di Sala d’Ercole così ‘coraggiosi’ da rifiutare i 20 mila euro al mese che ognuno di loro si mette in tasca, siamo costretti a prendere atto di un’olimpica certezza: la certezza che Lombardo governerà fino alla scadenza naturale ella legislatura.

Giulio Ambrosetti

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