Morti nelle ambulanze, parlano i vertici dell’Asp «Grave, se verificato ci costituiremo parte civile»

Suscita ancora scalpore la notizia che pazienti in fin di vita, dimessi dall’ospedale Maria Santissima Addolorata, e poi morti su un’ ambulanza privata durante il tragitto dal presidio sanitario a casa, sarebbero stati uccisi da uno o più barellieri, attraverso una iniezione daria nelle vene. A muovere i presunti colpevoli sarebbero stati guadagni fino a 300 euro a paziente se avessero proposto a una agenzia funebre amica qualche funerale in più. Sulla vicenda è intervenuto il direttore generale dell’Asp di Catania Giuseppe Giammanco, che ha chiarito: «Se i fatti venissero confermati l’azienda sanitaria si costituirà parte civile a difesa della dignità del lavoro di tutti gli operatori che ogni giorno dedicano la loro professionalità e il loro impegno ai pazienti e ai loro bisogni di salute». La vicenda, continua il dirigente, sarebbe «un preoccupante campanello d’allarme che si innesca, negativamente, sulle premesse di una cultura familiare e professionale che, invece, esprime dedizione e attenzione al malato morente». A tal proposito la direzione sanitaria dell’Asp ha dichiarato di aver aperto un’ indagine interna affidando a Giuseppe Spampinato, direttore medico della struttura di Biancavilla, il verificare se siano state rispettate le procedure e le linee guida.

«L’indagine avviata – ha detto Franco Luca direttore sanitario dell’azienda per la provincia di Catania – è volta a verificare il rispetto delle norme che regolano la vita dell’ospedale. La procura farà luce sull’accaduto e, in spirito di sinergia istituzionale, stiamo offrendo il nostro contributo per la ricostruzione della verità. Avverto anche la necessità di dare un messaggio di certezza ai cittadini – conclude – il nostro rigore, su questa vicenda, è massimo». Al momento, per le informazioni che si possiedono, non sembrano essere coinvolti operatori dell’ospedale e, per questo, i magistrati di Catania avrebbero aperto un fascicolo contro ignoti dopo un servizio de Le Iene andato in onda su Italia Uno lo scorso 21 maggio

Durante il quale, l’inviata Roberta Rei ha spiegato che in una non meglio precisata località (successivamente rivelatasi Biancavilla), come viene detto in un’ intervista ad un collaboratore di giustizia, uno o più portantini di un’ associazione di trasporto, avrebbero ucciso in ambulanza diversi pazienti in agonia. Non è da escludere che dietro gli affari dei cosiddetti barellieri della morte, che sarebbero cominciati dal 2012 in poi, ci sarebbero gruppi mafiosi locali. Il testimone aveva infatti raccontato che «la persona che era in fin di vita, col consenso dei familiari, veniva dimessa per consentirle l’ultimo respiro a casa propria. Il trasporto avveniva con un’ambulanza di una onlus – spiegava ancora – all’interno della quale un operatore iniettava aria nelle vene fino a provocare il collasso e la morte». A questo punto, gli stessi barellieri si proponevano di occuparsi della vestizione del morto e di interfacciarsi con l’agenzia funebre, che dava loro 300 euro a «defunto procurato». Un protocollo collaudato che, secondo l’anonimo, sarebbe stato applicato a «diverse decine di pazienti».

Salvatore Caruso

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