Cronaca

Filmò la sua morte a Pachino. Dopo un anno, salma non ancora seppellita: familiari non credono a suicidio

Nell’obitorio di Pachino c’è una salma che da un anno aspetta di essere seppellita. Su questo adesso la procura di Siracusa ha aperto un’inchiesta. Il corpo rimasto nella cella frigorifera del Comune è quello di Vincenzo Cancemi, l’elettricista 42enne pachinese trovato morto impiccato a un albero il 28 aprile del 2022 nella sua villetta a Marzamemi, frazione marinara di Pachino. Nonostante il dissequestro del cadavere da parte dei magistrati, a opporsi alla sepoltura sono stati i familiari dell’uomo convinti che il decesso, nei giorni scorsi archiviato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Siracusa come suicidio, sia avvenuto «in circostanze misteriose». La scena di quella morte è stata ripresa, dall’inizio alla fine, con il cellulare dallo stesso Cancemi. Un filmato della durata di 14 minuti che, per la famiglia – che non ha ancora voluto nemmeno celebrare il funerale in attesa che venga effettuata l’autopsia sul cadavere – sarebbe stato manipolato. Un’ipotesi esclusa invece dal gip che, sulla base dei risultati dell’analisi del video fatta dal nucleo investigativo della procura, ha deciso di accogliere la richiesta di archiviazione del pubblico ministero perché «non appare utile espletare approfondimenti tecnici sul filmato né ulteriori indagini medico-legali poiché il contenuto mostra un atto suicidiario senza l’intervento di una mano esterna». A questa decisione, i parenti continuano a opporsi.

«Ti dimostro che comunque morirei per te, anche se tu non mi credi». Sono queste le ultime parole pronunciate da Cancemi e registrate nel video. L’uomo si trova davanti alla sua villetta in contrada Littiera a Marzamemi, inquadra la propria faccia davanti a una corda che pende da un albero. Poi l’inquadratura punta in alto. Cancemi muore davvero. La dimostrazione sarebbe stata rivolta alla sua compagna Nuccia, una donna con cui il 42enne aveva una relazione complicata da circa 12 anni. E sono sue le urla che si sentono alla fine del filmato. È lei, infatti, a trovarlo impiccato all’albero e a chiamare il 118 per chiedere aiuto. «Il nostro era un amore tossico – ha dichiarato la donna parlando per la prima volta davanti alle telecamere della trasmissione Rai Chi l’hai visto? – Io con lui non ci volevo più stare anche se gli volevo bene. Quel pomeriggio, lui mi aveva detto “Se non torni con me, io mi ammazzo“». Una frase che, però, la compagna non avrebbe preso alla lettera. Poco dopo quella conversazione telefonica, l’ennesima di una rottura definitiva della relazione, la donna prova a richiamare Cancemi da cui però non ha risposte. Così, preoccupata più di un tradimento che di un gesto estremo, la donna è andata nella villetta.

Quel video, non è l’unico girato dalla vittima. Anzi, Cancemi ne registrava tanti. Tutti da inviare alla sua fidanzata. In alcuni chiede scusa per essersi comportato male con lei; in uno si dà da solo cinque violenti schiaffi dopo avere esordito: «Spero di poter rimediare e ti prometto che non sbaglio più». Sempre davanti alla telecamera del suo cellulare, in un altro filmato registrato, l’uomo striscia per terra in un terreno di campagna in mezzo all’erba secca e alle spine «Se vuoi io posso anche strisciare a terra», dice Cancemi che su quelle stesse spine delle piante dei carciofi in un altro video si mette in ginocchio e ci cammina scalzo. Un modo per punirsi e chiedere scusa alla donna. «Io gli chiedevo delle dimostrazioni di affetto e di amore – ha dichiarato – ma quei video lui li faceva autonomamente». Del fatto che fosse lei a ordinarli all’uomo, invece, sono convinte la mamma Fortunata e la sorella Giusy. A sostegno di questa tesi ci sarebbe una conversazione tra i due: «Se non hai fatto niente in pubblico, sono cazzi tuoi», urla la donna al telefono. Poco dopo arriva il video in cui Cancemi chiede scusa inginocchiato nella piazzetta centrale di Marzamemi. «Se mi avessi ascoltata – si sente in un’altra registrazione in cui a parlare è sempre la compagna – avresti ucciso tuo padre e saresti in galera».

Marta Silvestre

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