La mattina del 30 gennaio scorso un uomo viene travolto da un mezzo pesante sulla tangenziale di Catania, al chilometro 17, tra l’uscita San Giorgio e la Zona industriale. Sul posto arrivano le volanti della polizia stradale e i soccorsi del 118, ma per la vittima, un soldato americano di 28 anni non c’è nulla da fare. Un incidente, forse causato dalla scarsa visibilità delle prime ore del mattino, spiegano gli agenti che sono intervenuti per indagare su quello che, in un primo momento, sembrava essere solo una tragica fatalità. La mattina dopo però il quotidiano La Sicilia collega il fatto con un episodio di violenza sessuale, avvenuto poche ore prima della morte del militare, denunciato alla stazione dei carabinieri di Misterbianco. Una ragazza racconta di essere stata stuprata proprio da un un uomo in divisa in servizio nella base a stelle e strisce di Sigonella. Tra le ipotesi al vaglio della procura, che poco dopo ha aperto un’inchiesta, si fa dunque sempre più pressante il nesso tra i due eventi.
L’avvocato Antonio Giuffrida, legale difensore della giovane donna, non è però totalmente soddisfatto della versione dei fatti e vuole vederci chiaro. A non essere certa, prima di tutto, è la causa stessa della morte del ragazzo. «Sappiamo due cose: l’uomo è sicuramente lo stesso, e la violenza è avvenuta. Detto questo resta da capire se si sia ucciso, volontariamente, o se è successo qualcos’altro. L’unico racconto che abbiamo al momento – continua l’avvocato – è quello dell’autista del Tir, che tra l’altro potrebbe essere potenzialmente accusato di omicidio colposo». Proprio per questo, in concerto con le forze dell’ordine, la difesa sta svolgendo un’indagine. Che dovrebbe fare luce, prima di tutto, sugli orari esatti degli spostamenti del soldato.
«La mia assistita e l’uomo erano amici dall’estate scorsa, da circa sei mesi – spiega ancora il legale – ma non avevano mai avuto nessun tipo di rapporto intimo. Al momento della violenza lei si trovava a casa dell’americano, a Misterbianco, dove era arrivata con la sua macchina, la stessa che ha poi utilizzato, dopo essere scappata, per arrivare dai carabinieri». Questi ultimi, secondo Giuffrida, avrebbero immediatamente mandato una volante sul posto ma «probabilmente non hanno fatto in tempo, mancandolo per pochi minuti». Un intervallo di tempo fatale, nel quale l’aggressore, forse spaventato dalle conseguenze legali del fatto, avrebbe deciso di fuggire. «Gli uomini dell’Arma hanno trovato la porta di casa aperta – aggiunge Giuffrida – e hanno iniziato a cercarlo. Hanno svolto un ottimo lavoro, ma l’uomo forse è stato più veloce».
Nonostante il collegamento, che porterebbe all’estinzione del caso per la morte del presunto colpevole, i difensori stanno valutando due ipotesi per il futuro. Da un lato potrebbero chiedere un risarcimento del danno agli eredi del defunto o, dall’altro, potrebbero provare a rivolgersi direttamente al governo americano.
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