Un insulto nei confronti del padre, morto da poco in un incidente stradale. Sarebbe questo, secondo gli investigatori, il motivo all’origine della sparatoria avvenuta la sera del 24 agosto nella piazza di Monte Po. A premere sul grilletto sarebbe stato un diciannovenne incensurato, P.D., residente a Nesima e rivenditore di ortofrutta proprio vicino alla piazza del tentato omicidio. Il suo obiettivo era Concetto Ventimiglia, detto Lupin – incensurato di 25 anni, già noto alle forze dell’ordine per precedenti di rapina, ricettazione e violazione dei domiciliari – che è stato colpito al collo riuscendo comunque a salvarsi. Un proiettile gli ha sfiorato la colonna vertebrale. Ventimiglia è stato dimesso dall’ospedale dopo qualche giorno.
I carabinieri della compagnia Fontanarossa, coordinati dalla Procura di Catania, hanno condotto le indagini in un contesto difficile. Scarsa o quasi inesistente è stata la collaborazione di chi era presente sul luogo della sparatoria, avvenuta alle nove e mezza di sera, in una piazza abbastanza frequentata, vicino ad un chiosco di bibite. Gli investigatori sono partiti dall’unica informazione che sono riusciti ad ottenere: l’uomo che ha sparato era arrivato nella piazza a bordo di un furgone chiaro, aveva raggiunto Ventimiglia e, dopo una breve discussione, aveva fatto fuoco, dandosi quindi alla fuga.
Un furgone che, hanno ipotizzato i carabinieri, sarebbe potuto appartenere ad un commerciante. L’intuizione ha trovato riscontro in un altro elemento che ha tradito l’ambulante: dal giorno successivo alla sparatoria, P.D. non ha più riaperto la sua bottega di ortofrutta, che si trova poco distante dalla piazza di Monte Po, ed è scomparso. Sono servite due settimane per rintracciarlo e condurlo in caserma dove ha confessato. Avrebbe agito in un impeto d’ira e per difendere l’onore offeso da una battuta di troppo nei confronti del padre, morto a luglio in un incidente stradale. La motivazione, tuttavia, non convince del tutto gli investigatori che stanno seguendo un’altra pista, quella che porta ad un’auto, sempre intestata al genitore defunto, rubata recentemente e per cui sarebbe stato chiesto il cosiddetto cavallo di ritorno.
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