Modica-Palermo in treno, il viaggio tra quattro province Senza wi-fi, al freddo e in ritardo. Resta solo il paesaggio

Poco meno di un mese dall’avvio, e in fondo un primo bilancio si può tracciare. Era il 12 dicembre scorso quando da Modica alle 5.46 del mattino partiva il primo Minuetto alla volta di Palermo. Dopo anni di vetuste littorine, il treno veloce (in ritardo di almeno trent’anni) solcava quattro province, permettendo di collegare la città del barocco al capoluogo siciliano in quattro ore e mezza. L’accoglienza dei pendolari – da Gela a Licata, da Canicattì a Caltanissetta – è stata a metà tra incredulità e diffidenza. Come è andata? 

«Manca il treno alla mattina da Palermo – dice Pippo Gurrieri, della Cub Trasporti -. Chi vuole partire dal capoluogo può farlo solo con due treni nel pomeriggio, che vuol dire essere obbligato a pernottare fuori e non potere eventualmente tornare in giornata. La domenica poi da Caltanissetta a Ragusa la linea viene chiusa, ciò penalizza soprattutto studenti e turisti. Anche nella tratta da Palermo a Catania è stato soppresso un treno il sabato». Osservazioni che sindacalisti e pendolari avevano già fatto presente e che Trenitalia ha tenuto in considerazione solo in parte. A essere contestata anche l’eccessiva riduzione del margine per il cambio previsto a Caltanissetta Xirbi: solo sei i minuti previsti per effettuare lo spostamento sul Minuetto che proviene da Catania. Tempo che, viste le malmesse rotaie dell’interno Sicilia, era facile prevedere non sarebbe bastato.

Già nei primi due giorni di avvio i viaggiatori hanno dovuto fronteggiare disagi, con Trenitalia costretta a fornire pullman sostitutivi. A farne le spese anche il presidente della commissione Sanità all’Ars Pippo Di Giacomo, partito da Comiso e che aveva voluto documentare l’esperienza con una diretta Facebook. Ed è andata peggio ai viaggiatori del 30 dicembre. «A Caltanissetta non abbiamo beccato la coincidenza – racconta Daniela Placenti, partita da Gela – e siamo rimasti ad aspettare a Xirbi per due ore l’altro treno da Catania. In quella stazione non c’è nulla: né un bar né un riscaldamento. Un anziano che si è sentito male è stato ospitato dal personale nel proprio ufficio, noi invece abbiamo continuato a soffrire i zero gradi di quella giornata senza neanche un bicchiere d’acqua».

Una sorta di rodaggio, quello di Trenitalia, di cui ancora non si intravede l’esito. Prendendo il treno in un giorno di gennaio già a Comiso, seconda fermata dopo la partenza a Modica, il ritardo è di cinque minuti. Fino a Licata il treno viaggia quasi completamente vuoto, in tutto i viaggiatori saranno una decina. Del wi-fi promesso non c’è traccia. Lo stesso controllore invita le poche persone a spostarsi nella parte superiore del Minuetto, dove il riscaldamento funziona meglio. Solo due le prese per la corrente in tutto il treno, che rende impossibile utilizzare a lungo pc e tablet. Il panorama dell’entroterra siculo in compenso è stupendo, ma non è certo merito di Trenitalia, eccezion fatta per la distesa di serre attorno a Licata. Il bagno invece è in ordine, ma manca il sapone. L’assenza della musica in filodiffusione e la contemporanea leggerezza del mezzo sono due condizioni ideali per leggere un buon libro. A ridosso del capoluogo nisseno il controllore passa in rassegna i viaggiatori e chiede di «essere veloci, perchè a Xirbi questa volta il treno da Catania ci attende». Alla fine il ritardo si assottiglia: 15 minuti che nell’annuncio finale vengono comunicati solo in italiano, niente inglese. Forse per non intimorire i turisti. O forse perché di turisti non ce n’è nemmeno uno.

Andrea Turco

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