Minori migranti, ogni giorno ne scompaiono 28 Servizi carenti. «Neanche un cambio di lenzuola»

Da un inferno all’altro, con il mare – e il rischio di morire – in mezzo. Le condizioni dell’accoglienza in Italia riservate ai minori non accompagnati – quei ragazzi che arrivano nel nostro paese senza un genitore o parente prossimo – sono ancora più dure di quelle che spettano agli adulti. Per via della giovane età, ma anche di prassi che troppo spesso risultano carenti rispetto a quanto previsto dalla legge. 

A riportare l’attenzione sul fenomeno è Oxfam, il network di organizzazione umanitarie che da tempo denuncia ciò che non va nella gestione dei flussi migratori, con un report nel quale accanto ai numeri vengono proposte le testimonianze di minorenni che, giunti in Italia per scappare dal disagio e dalle persecuzioni, il più delle volte si ritrovano abbandonati a se stessi. Senza servizi essenziali né informazioni sui loro diritti. Condizioni talmente difficili da convincere molti di loro a continuare la fuga, mettendosi in strada ed esponendosi a ulteriori rischi. In tal senso, ogni giorno sono 28 i minori di cui viene segnalato l’allontanamento.

Nel 2016 il numero di minori giunti in Italia ha registrato un importante incremento, fino a rappresentare il 15 per cento dell’intero flusso migratorio. Considerando i primi sette mesi dell’anno, il numero di minorenni arrivati nel nostro Paese è stato di 13.705, più del doppio rispetto al 2015. Il 40 per cento si trova in Sicilia, per via della normativa che prevede che i giovani vengano presi in carico dai servizi sociali dei Comuni in cui approdano. Un aspetto che in molti casi ha creato difficoltà alle amministrazioni locali, specialmente nei casi in cui esse non abbiano – come nel caso di Pozzallo e Augusta – «strutture e risorse sufficienti per rispondere in maniera adeguata».

Ma i problemi per i minori stranieri non accompagnati – la stragrande maggioranza dei quali di sesso maschile e di età compresa tra i 16 e i 17 anni – sono anche altri. A partire dalla carenza di posti nelle strutture deputate ad accoglierli. «Il sistema italiano non ha abbastanza posti per i minori non accompagnati, nonostante non si tratti certo di una novità – dichiara Paola Ottaviano di Borderline Sicilia, partner di Oxfam -. I ragazzi restano bloccati a lungo in strutture concepite per permanenze di pochi giorni». Con la conseguenza di trasformare l’accoglienza in detenzione. Come negli hotspot, i centri di identificazione in cui, secondo la legge, i migranti dovrebbero rimanere per un massimo di 72 ore e che invece si trasformano in carceri. 

«Da quando sono nel centro di Pozzallo non ho mai ricevuto un cambio delle lenzuola monouso. Dopo una settimana ho terminato i prodotti per l’igiene intima e agli operatori del centro ho chiesto anche un cambio per lavare il mio abbigliamento, ma non ricevuto nulla», ha raccontato un 17enne eritreo.  «All’interno del centro mi hanno dato una scheda telefonica per chiamare i miei familiari, ma non mi è bastata per parlargli e dirgli che sono vivo», dichiara un connazionale di 16 anni. 

In molti casi, le associazioni che assistono i migranti hanno aiutato i ragazzi a sporgere denunce presso i Tribunali siciliani. Percorsi che hanno portato le stesse ad appurare un altro cronico problema del sistema accoglienza: la mancanza di informazioni sui diritti che i minori hanno arrivando in Italia. «Non abbiamo mai parlato con qualcuno che ci abbia spiegato quale sia la nostra situazione in Italia o i nostri diritti», hanno ammesso altri due giovani.

Le storie vedono anche racconti di privazione della libertà, come nei casi di centri in cui gli stessi operatori avrebbero terrorizzato i ragazzi – «non appena arrivati nella struttura ci hanno raccomandato di non uscire per strada perché ci sono persone cattive che possono strapparci il cuore per andarselo a vendere» -, o quelli di assoluta mancanza di controllo. Accade questo a Catania, dove, nei pressi della stazione ferroviaria, si vedono gruppi di ragazzini aggirarsi fino a notte fonda per poi dormire in strada, in attesa di prendere un autobus che li porti verso il Nord. Non solo dell’Italia ma anche dell’Europa, meta finale per molti di loro.

Un continuo errare che, però, comporta non pochi rischi. «Una sera eravamo con alcune minorenni nigeriane. Una jeep le ha affiancate, incurante della presenza del nostro team di operatori. Ha fatto inversione sulla strada statale e ha tentato di caricarle. Per pochi secondi siamo riuscite a metterle in salvo», racconta Iolanda Genovese di AcoglieRete.

Per chi invece vorrebbe rimanere nei centri, in attesa di capire quale sia il proprio futuro o comunque trovare condizioni più accettabili, il rischio è comunque quello di vedersi sbattuti fuori al compimento del diciottesimo anno di età. Poiché, per la legge, i centri per i minori ottengono rimborsi soltanto fino a che l’ospite è minorenne. «Una mattina, gli operatori presenti hanno invitato Y., che aveva compiuto 18 anni, a riporre le sue cose in un sacco nero per la spazzatura e a seguirli – racconta M., 18 anni -. Hanno tentato di portarlo via ma tutti ci siamo opposti e si sono fermati. Ma quella stessa notte, mi sono svegliato insieme ai miei compagni e ci siamo accorti che erano venuti a prenderlo».

Simone Olivelli

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