Domani inizia a Catania il processo a carico di Giuseppe Ruscica e Mario Sicali, imputati per i reati di diffamazione e minacce con l’aggravante del metodo mafioso nei confronti del senatore catanese del Movimento 5 stelle Mario Michele Giarrusso. «Mi costituirò parte civile – dice il capogruppo pentastellato a palazzo Madama – perché queste persone devono rispondere fino all’ultimo delle loro nefandezze».
«Nel 2016 – ricorda il parlamentare – denunciai in Parlamento e in altre sedi il pericolo che il funerale di un giovane ragazzo si trasformasse in una manifestazione di forza della criminalità organizzata catanese. Il questore intervenne prontamente e la cerimonia funebre si tenne in forma privata». Ruscica e Sicali successivamente avrebbero rivolto al senatore insulti e minacce molto gravi tramite social network. «L’inizio del processo è una bella notizia. Sono contento che si possa fare giustizia, non solo e non tanto a mia tutela ma come reazione ferma e inequivocabile contro le mafie e i loro comportamenti. Le istituzioni – aggiunge – devono essere inflessibili, nessuna tregua a chi infanga la nostra società e la convivenza civile».
Il funerale cui fa riferimento il senatore è quello dell’ottobre del 2016. A perdere la vita in un incidente stradale in corso Duca D’Aosta, a pochi passi da corso Indipendenza, era stato il 16enne Eugenio Ruscica. Nel referto, poi, la polizia municipale scriverà che l’Honda Sh 300 sul quale si trovava assieme a un coetaneo probabilmente stava eseguendo una «manovra azzardata» quando è stato travolto da una Fiat Punto guidata da una donna di 74 anni.
In quella occasione Giarrusso aveva preso posizione chiedendo pubblicamente l‘intervento del ministro dell’Interno e del questore di Catania per vietare i funerali pubblici del giovane. Il questore di allora, Marcello Cardona, ne dispone che non si tenga una celebrazione aperta per motivi di ordine pubblico. In seguito a questo, l’ira di alcuni familiari era sfociata in commenti su Facebook del tipo «Ti auguriamo la stessa fine pezzo di merda». Tra gli autori dei messaggi anche lo zio del ragazzo, Giuseppe Ruscica, noto con il soprannome di Banana che, lo scorso febbraio è tornato in carcere con l’accusa di l’accusa di detenzione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Il 41enne era già stato arrestato nel 2013 nel corso di un’operazione antimafia perché ritenuto esponente della cosca dei Cursoti milanesi del nuovo San Berillo, il quartiere di San Leone.
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