CON QUESTO PROVVEDIMENTO LETTA HA DIMOSTRATO IL SUO VERO STILE: DUE PESI E DUE MISURE. NE TENGANO CONTO I SINDACO SICILIANI NEL GIUDIZIO SULL’ESECUTIVO NAZIONALE
E’ da oltre sessant’anni che in Italia si dibatte sulla stabilità di governo e per conseguirla si sono sperimentate sin dal 1953 tutte le vie legislative per realizzarla in sede istituzionale. Mai si è riflettuto sul fatto concreto che la stabilità del governo è strettamente legata al suo rapporto con il Parlamento. Tra oggi e ieri c’è però una grande differenza. Quelli di ieri – i politici e i partiti – preso atto che il Parlamento e il Paese non volevano sentirne di premi di maggioranza (vedi legge truffa) si sono rimboccati le maniche ed hanno assunto azioni politiche e di governo capaci di portare l’Italia da Paese distrutto a ruoli di vertice economico mondiale. I politici di oggi li lasciamo commentare ai nostri lettori.
Questa premessa è obbligatoria per capire meglio cosa significa l’azione del governo di Enrico Letta rispetto al Parlamento e al Paese. Il riferimento è al decreto ‘Milleproroghe’. Dove ci sono due punti di intervento nell’economia che meritano di essere sottolineati per comprendere da vicino come è difficile fidarsi di un governo che, nel breve giro di qualche giorno, cambia totalmente le decisioni strategiche che ha voluto approvate, con voto di fiducia, due o tre giorni prima in occasione del varo della legge di stabilità.
Il primo punto riguarda le web tax, la norma riguardante la possibilità offerta a soggetti stranieri di attivare una partita Iva in Italia; il secondo punto il Bonus mobili, le agevolazioni accordate alle ristrutturazioni abitative. Entrambi i provvedimenti erano stati introdotti con la legge di stabilità qualche giorno fa. Uno di questi, il primo, non ancora entrato in vigore, con questo decreto detto delle Milleproroghe viene rinviato a partire dal luglio prossimo, cioè la sua entrata in vigore decorrerebbe a partire dal secondo semestre del prossimo anno. E’ proprio il caso di dire: non ci potevano pensare prima in sede di approvazione della legge di stabilità?
Invece no, la discussione su quella legge che avrebbe potuto far riflettere sulla entrata in vigore della norma in questione è stata bloccata per invocare la questione di fiducia; cosa che il Parlamento ha regolarmente approvato, approvando contestualmente le castronerie che lo stesso governo qualche giorno dopo, correggendo se stesso, propone di modificare.
Con il secondo emendamento alla legge di stabilità – e cioè il bonus mobili – si decide con la modifica riportata nel Milleproroghe ciò che qualche giorno prima non era consentito. Vengono riconosciuti costi di ristrutturazione in un primo tempo esclusi.
Ora, è proprio il caso di esclamare: come si fa a dare fiducia ad un governo che smentisce alla sera quel che ha fatto al mattino? In quali mani è caduto il nostro Paese?
E’ vero che nella prima Repubblica i governi duravano in carica per brevi periodi, ma in quei lassi di tempo di baggianate di questo tipo non se ne ricordano. Anzi nei pochi mesi nei quali restavano in carica davano il meglio di loro stessi ed il Paese progrediva e, magari, qualche lobby ne soffriva. Pazienza!
Fatta questa doverosa premessa per inquadrare il contesto ibrido nel quale nasce e si muove il Governo Letta-Alfano-Bilderberg passiamo brevemente a vedere i contenuti del ‘Milleproroghe’, nell’ottica proposta dallo stesso premier e cioè nell’ambito entro il quale il decreto è stato formulato: con le proroghe essenziali e le norme indifferibili del decreto ‘salva Roma’ nonché sulle materie fiscali e sugli affitti d’oro. Nel merito delle scelte governative si ravvisano luci ed ombre in egual misura.
Sulle proroghe nulla da eccepire, specialmente per quanto attiene agli sfratti nei confronti dei titolari di redditi inferiori a 21 mila euro e alle famiglie con malati terminali, disabili, ecc.
La stessa cosa non ci convince per le norme con scadenza riguardanti la partecipazione azionaria di titolari di aziende televisive nella compagine societaria delle aziende editoriali di giornali stampati. La cosa che non comprendiamo e che non ci convince è per quale ragione questo divieto è soggetto a scadenza periodica. Ecco, il Governo in questo caso potrebbe farsi promotore di un disegno di legge che a questo decreto tolga la validità temporanea e la trasformi in definitiva.
Anche nelle norme che riguardano la città di Roma non comprendiamo le ragioni dell’assegnazione di 20 milioni per la raccolta differenziata.
Non comprendiamo la validità di tale assegnazione, perché i romani, riteniamo, paghino regolarmente i tributi per la raccolta dei rifiuti urbani e quindi è con quei cespiti che il metodo differenziato della loro raccolta va finanziato. E poi: perché aiutare Roma e non Palermo?
Poi 115 milioni di euro destinati a sanare l’esposizione debitoria sempre di Roma, con l’assicurazione che in futuro l’amministrazione sarà più accurata nelle spese! Questa è una presa in giro! Perché soldi solo a Roma se quasi tutti i Comuni italiani sono in deficit, con in testa quelli siciliani?
Sull’assegnazione di 20 milioni di euro per la raccolta differenziata invece non ne comprendiamo la validità perché i romani, riteniamo, paghino regolarmente i tributi per la raccolta dei rifiuti urbani e quindi è con quei cespiti che il metodo differenziato della loro raccolta va finanziato.
Sulla questione dei cosiddetti affitti d’oro è stata introdotta la facoltà per le pubbliche amministrazioni di recedere dai contratti di locazione entro il prossimo 30 giugno. Questa norma lascia intendere che sia la Camera dei Deputati, sia il Senato della Repubblica procederanno entro quel termine a disdettare le locazioni dei palazzi romani dove hanno sede le propaggini del Parlamento
Infine, una notazione sulle somme non spese dei finanziamenti che alle Regioni d’Italia vengono dall’Unione europea. Si tratta di ben 6,2 miliardi di euro che rischiavano di essere revocati da Bruxelles. Queste somme sono state recuperate e ne è stata riformulata la loro utilizzazione. Di queste, 1,2 miliardi sono stati destinati a sostegno del credito alle piccole e medie imprese, già previsto nella legge di stabilità, mentre gli altri 5 miliardi sono andati alle economie locali per il Piano città, per la messa in sicurezza e la dotazione energetica delle scuole e alle infrastrutture. Sempre in favore degli enti locali è stato previsto la riduzione delle sanzioni per le violazioni del Patto di Stabilità. Un contributo di 25 milioni è stato assegnato all’Expò 2015 quale concorso alle spese di realizzazione dell’evento.
Una notazione a questo proposito non può mancare, perché trovarsi nella condizione di dovere restituire all’Europa le somme che questa ci assegna mediante i fondi strutturali è cosa assolutamente deprecabile, specie quando ci si strappa i capelli perché ci si trova in presenza di mancanza di soldi sia per i servizi e sia per gli investimenti. Né si può addurre la motivazione che i fondi europei agiscono in forma di cofinanziamento perché in questo caso le responsabilità delle Regioni sarebbero più gravi, atteso che queste sprecano enormi risorse sia in prebende che in gozzoviglie con i fondi assegnati ai singoli gruppi politici per le loro spese di funzionamento. Spese che, come raccontano le cronache, vengono sostenute per acquisti voluttuari o per festini vari dei singoli componenti gli stessi gruppi politici.
In questo caso bene ha fatto il governo a finalizzare meglio e più concretamente la utilizzazione dei fondi europei, scavalcando le Regioni e puntando sui Comuni..
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