Viveva a Milano da quando aveva cominciato l’università. Allo Iulm aveva studiato Comunicazione e poi aveva cominciato a lavorare in agenzie del settore. La 26enne di Agira (in provincia di Enna) Irene Lambusta si era trasferita da poco meno di un anno in viale Papiniano. Nel palazzo dall’11esimo piano del quale sarebbe caduta lo scorso venerdì sera, intorno alle cinque del mattino. La sua morte sarebbe stata certificata dai medici arrivati con l’ambulanza, alle 5.20. Ma le dinamiche di quanto accaduto, a una settimana dal fatto, continuano a non essere chiare. L’autopsia sul corpo di Irene è stata eseguita due giorni fa e i risultati non sono ancora stati resi noti. L’unico punto fermo è che all’11esimo piano del condominio in cui abitava lei non avrebbe dovuto esserci. Perché il suo appartamento era al primo. «È strano, stranissimo – dice un parente della giovane – Ma sembra che su quel balcone siano state trovate solo le sue impronte». E l’analisi dei tabulati telefonici non avrebbe evidenziato nessun problema.
«Era il cuore di ogni gruppo», ricorda chi la conosceva bene. A Milano aveva abitato con la madre negli anni dell’università e poi aveva deciso di andare a vivere da sola. In quell’appartamento in zona Navigli di proprietà della sua famiglia. E lì «organizzava spesso cene con le persone alle quali voleva bene». Come la sera di venerdì 25 settembre. Dopo essere stati tutti insieme a casa di Irene, lei e i suoi amici avevano deciso di continuare la serata fuori. «Un normale venerdì sera, come se ne fanno a Milano o a Catania», prosegue il familiare.
«Ci hanno detto tutti che aveva bevuto solo del vino a cena e poco altro mentre era nei locali – sostiene – Non era ubriaca». Poco dopo le tre del mattino, la ragazza ha condiviso un taxi con le persone con le quali era uscita. Amici storici, tutti siciliani emigrati nel capoluogo lombardo. Dal momento in cui ha varcato la soglia del portone, però, le certezze finiscono e inizia il terreno delle ipotesi. Secondo le ricostruzioni, Irene sarebbe entrata in ascensore e avrebbe sbagliato a indicare il piano di destinazione. Finendo, invece che al primo, all’11esimo. Intorno alle quattro una vicina di casa avrebbe raccontato di aver sentito qualcuno tentare di aprire la porta della sua abitazione e di aver temuto che potesse trattarsi dei ladri. Gli investigatori, però, pensano che potesse trattarsi proprio di Irene, che avrebbe sbagliato abitazione. Ma tra l’allarme lanciato dalla vicina e le cinque del mattino, quando è stato trovato il cadavere di Irene, c’è un’ora di vuoto. Che ancora non ha trovato spiegazione.
«Il palazzo è strutturato in maniera tale che ogni piano abbia un pezzo di balcone che mette in comunicazione gli appartamenti. A separare una casa dall’altra ci sono delle lastre di vetro. Sembra che Irene, non riuscendo a entrare a casa sua dalla porta, abbia tentato di scavalcare». A confermare questa ipotesi ci sarebbero le impronte digitali proprio sul separè. Le uniche trovate sarebbero quella della giovane di Agira. «I carabinieri stanno continuando le loro indagini – afferma il familiare – I tabulati telefonici non hanno fatto emergere niente che potesse essere utile, a quanto ci hanno detto». «Per quanto possa sembrare assurdo, tutti gli indizi portano a credere che sia stato davvero un incidente».
Per avere più chiarezza, però, bisognerà aspettare l’esito dell’esame sul corpo. «Noi ci sentiamo di escludere che fosse drogata, lei non era quel genere di ragazza». E chi la conosceva, sul lavoro e nella vita privata, è dello stesso avviso. «Il referto del medico legale ci dirà anche questo – conclude il parente – E chiarirà anche se, invece, a causare quella caduta da 11 piani sia stato qualcuno».
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