Migranti, tre indagati nella ong spagnola a Pozzallo «Roma ci ha inviato sul posto, per poi cedere ai libici»

Il gip di Ragusa ha ordinato il sequestro preventivo della nave della ong spagnola Pro Activa Open Arms, che rimane ancorata al porto di Pozzallo. Sono tre gli indagati – il comandante della nave Marc Raig, il capo missione Anabel Montes e il coordinatore della ong Gerard Canals, che si trova in Spagna – e sono accusati di associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina per il salvataggio in acque internazionali di oltre 218 persone nel Mediterraneo avvenuto la sera del 15 marzo. A cui ha fatto seguito uno scontro con la Guardia costiera libica che ha preso il comando delle operazioni, al posto di quella italiana, pretendendo, anche sotto la minaccia di armi, di riportare indietro i migranti. Richiesta respinta da parte della ong spagnola che alla fine ha vinto il braccio di ferro. Per 24 ore la nave è rimasta ferma in attesa di sapere in quale porto europeo sbarcare i sopravvissuti: spetta infatti allo Stato che assume le operazioni di controllo, in questo caso la Libia, indicare la destinazione. C’è dunque stato l’interessamento del governo spagnolo e alla fine l’imbarcazione è arrivata a Pozzallo, dove però ad aspettarla c’erano gli agenti della squadra mobile di Ragusa e del Servizio centrale operativo di Roma. 

Dopo nove ore di interrogatori a bordo e il sequestro dei cellulari dell’equipaggio per recuperare tutte le immagini disponibili, gli investigatori avrebbero spiegato al personale che la Procura di Catania aveva avviato un’inchiesta su di loro. «Impedire il salvataggio delle vite in pericolo in alto mare con lo scopo di riportarle con la forza in un paese non sicuro come la Libia, è in contrasto con lo Statuto dei rifugiati dell’Onu», scrive il fondatore di Pro Activa, Oscar Camps. «Siamo delusi – spiega Riccardo Gatti, capomissione della Ong – perché abbiamo collaborato e siamo stati disponibili ad accogliere la polizia a bordo, nel porto di Pozzallo. Ci avevano fatto capire di voler approfondire la violazione che abbiamo subito in mare a opera dei libici, invece alla fine ci hanno detto che saremmo stati indagati».

Gatti sottolinea inoltre un dettaglio importante. «Per la prima volta il centro della Guardia costiera di Roma ci ha prima detto di raggiungere il luogo del naufragio per poi intervenire e cedere il coordinamento delle operazioni di soccorso ai libici. Noi non abbiamo accettato, perché in Libia non ci sono porti sicuri e non vogliamo essere complici di quello che i governi italiano e libico hanno deciso in barba al diritto internazionale». Il sospetto degli attivisti spagnoli è che la Procura di Catania possa essersi mossa con particolare celerità per dare seguito alle accuse contro alcune ong espresse dal procuratore capo Carmelo Zuccaro l’anno scorso. «Ha fiutato la possibilità di suffragare le sue esternazioni», attacca Gatti. La Procura di Catania ha competenza sull’episodio, nonostante la nave sia arrivata a Pozzallo, per la tipologia di reato contestato che farebbe scattare il coinvolgimento della Procura distrettuale e non di quella locale. 

L’avvocata della ong spagnola, Rosa Emanuele Lo Faro, stamattina ha ritirato il provvedimento di sequestro dal gip di Ragusa e si appresta a preparare una memoria difensiva. «Proteggere la vita umana in mare – rivendica Oscar Camps, il fondatore – dovrebbe essere la priorità assoluta di qualunque corpo civile o militare, che si chiami Guardia costiera, salvataggio marittimo o armato. Lo stabilisce per tutti il diritto del mare». 

Salvo Catalano

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