«Non si può più vivere in Libia, è diventato troppo pericoloso». A dichiararlo è uno dei migranti salvati dall’organizzazione non governativa internazionale Sos Mediterranée, che ieri ha soccorso un’imbarcazione in difficoltà a nord di Sabrata. A bordo del natante si trovavano 20 cittadini libici che hanno deciso di scappare dal proprio Paese in seguito all’aggravarsi delle condizioni di sicurezza.
L’intervento della Ong è arrivato su autorizzazione della guardia costiera italiana, dopo che quella libica non ha risposto alla comunicazione partita dalla nave Aquarius, che l’organizzazione umanitaria gestisce insieme al personale di Medici senza frontiere. Tra i migranti anche quattro donne e tre minori, dei quali un bambino con difficoltà respiratorie. Stando alla ricostruzione di Sos Mediterranée, a osservare a distanza l’imbarcazione in difficoltà sarebbero state due piccole navi veloci.
Portati a bordo, i migranti hanno raccontato i motivi che li hanno portati a fuggire. «Non dormo da tre giorni – ha detto un 26enne -. In Libia non c’è più lavoro e si rischia di continuo di essere aggrediti. A Tripoli tre persone, giovanissimi, mi si sono avvicinate e mi hanno puntato un’arma alla testa. Hanno preso la mia automobile, lo zaino, il denaro. Qualunque cosa dici, se parli, ti uccidono».
Versione simile a quella riferita da una coppia di studenti. «La situazione è drammatica. Le persone rischiano di essere uccise per niente e, se non succederà qualcosa, moriranno tutti. Un mio amico si è fatto sparare addosso perché ha rifiutato di dare i suoi soldi a degli uomini armati. È stato ferito a una mano e allo stomaco, ma non è stato curato in Libia perché non esistono più buoni medici e quelli che sono rimasti hanno paura per la loro sicurezza».
La nave Aquarius, su indicazione del centro nazionale di coordinamento dei soccorsi, ha fatto rotta verso il porto di Pozzallo.
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