Migranti, relitto della strage potrebbe restare ad Augusta Il sindaco di Milano vuole valutare la qualità del progetto

«Ritengo giusto tenere in considerazione la richiesta della sindaca di Augusta Cettina Di Pietro e delle associazioni della sua città e, quindi, darei loro tempo di definire il progetto per valutarne la sostenibilità». Sono queste le parole con cui il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, è intervenuto nell’aula consiliare per proporre al consiglio comunale di rimandare la discussione del trasferimento a Milano del relitto del naufragio del 18 aprile 2015. La questione è diventata di competenza anche meneghina da quando, lo scorso dicembre, la deputata del Partito democratico Lia Quartapelle aveva proposto di spostare il barcone nel complesso dell’Università statale, dove si realizzerà il Museo dei diritti umani. Per questo progetto, in finanziaria sono stati inseriti 600mila euro. 

La proposta di Quartapelle aveva suscitato qualche reazione a livello locale. Il Comitato 18 aprile aveva rispolverato il progetto di collocarlo in un’area «dove intendiamo realizzare un Giardino della memoria dedicato alle vittime delle migrazioni». L’area prescelta è una parte all’aperto della parrocchia di San Giuseppe Innografo, in contrada Monte Tauro ad Augusta. «Il progetto è rimasto lo stesso – confermano dal Comitato nato circa un anno fa – Riteniamo più opportuno che il relitto rimanga qui dove è arrivato, dopo essere stato recuperato». Era il 27 aprile del 2016 quando hanno avuto inizio le operazioni di recupero del relitto del peschereccio inabissato che si trovava a cento chilometri dalla Libia a una profondità di 370 metri. Un’operazione complessa, costata oltre dieci milioni di euro, per recuperare il barcone lungo 25 metri e largo sette. Da allora, il simbolo di quella tragedia ha trovato posto nel pontile della base Nato di Augusta. «Ancora c’è stato solo l’annuncio da parte del sindaco Sala ma – anticipano dal Comitato – un’ipotesi per tenere insieme le cose potrebbe essere quella di far venire qui gli studenti milanesi a seguire il progetto di spostamento interno alla città di Augusta».  

A convincere il primo cittadino del capoluogo lombardo a dare agli augustani la possibilità di provare a tenersi il relitto sarebbe stato un confronto con la sindaca Di Pietro. Cosa gli avrà detto per convincerlo? «A giocare un ruolo fondamentale – sottolinea – credo sia stata una mozione presentata dai consiglieri del M5s milanesi che hanno raccolto alcuni mal di pancia dei loro concittadini, che il relitto non lo vogliono». La prima cittadina augustana aveva subito mostrato rimostranze nei confronti dello spostamento del relitto verso nord. «Facciamo che se questa barca se la portano a Milano, allora l’hotspot lo fanno lì allargando i Navigli». La sindaca della città che è stata primo porto di sbarco fino allo scorso anno lamenta la lontananza delle istituzioni. «Siamo stati ignorati: non abbiamo mai avuto riconoscimenti né finanziamenti. Il fatto di portare via quel simbolo sarebbe stata una beffa». 

Si torna a parlare del relitto di quella che passerà alla storia come la più grande strage di esseri umani conosciuta nel Mediterraneo proprio nei giorni in cui dal governo nazionale arriva la stretta sull’azione di soccorso delle Ong in mare. «Noi non ci siamo mai sottratti ma è necessaria una presa di posizione perché non è più possibile che la responsabilità ricada solo sull’Italia, sulla Sicilia o su un singolo comune come Augusta mentre l’Europa ci ha girato le spalle», afferma Di Pietro. «È sicuramente bello il gesto simbolico di volere tenere qui il relitto – commenta Gianmarco Catalano della Rete antirazzista augustana – ma è un’azione che trova senso solo se è coerente con le politiche che si sostengono. La sindaca, invece, si è perfettamente allineata alle direttive di Salvini nel rifiuto degli approdi dei migranti al porto. E questo è un controsenso». Qualche critica dalla Rete antirazzista arriva anche in merito al progetto sul barcone. «Sosteniamo la proposta del comitato di far restare qui il relitto ma bisogna ammettere che il Giardino della memoria, per ora, rimane solo un’idea. Andrebbe ridiscusso anche il posizionamento perché sistemarlo all’interno di una chiesa cattolica – conclude Catalano – non è certo un segno inclusione e rispetto per le vittime fra cui c’erano anche persone di religioni diverse».

Marta Silvestre

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