In protesta, con un foglio di espulsione in mano, davanti alla Questura di Agrigento. Una cinquantina di migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana stamani hanno manifestato per ribadire la loro richiesta di protezione in Italia. Diritto che non avrebbero, almeno secondo i funzionari che hanno esaminato i loro casi nelle ore successive all’arrivo in Sicilia. Al gruppo è stato invece notificato un foglio di via, con l’obbligo di lasciare l’Italia entro sette giorni. Come, con quali soldi o con quali mezzi? A queste domande le regole europee sull’immigrazione non danno risposta.
Negli ultimi mesi, da quando l’Unione europea ha posto sotto osservazione il nostro Paese in vista dell’apertura di cinque hotspot, sono aumentate le espulsioni. Ma, in assenza di procedure certe per l’eventuale rimpatrio, i migranti rimangono in un limbo che li esclude dai sistemi di accoglienza e, come denunciano le associazioni del settore, rischia di spingerli verso la criminalità.
L’iter che porta a negare l’avvio della procedura per chiedere asilo inizia già al momento dello sbarco. Stamani 931 persone sono arrivate a Palermo, dove ad accoglierli c’era anche il vescovo Corrado Lorefice. Nelle stesse ore a Catania sono approdati 114 migranti, ma in questo caso le operazioni di prima accoglienza e di identificazione si sono svolte senza la supervisione degli attivisti. Secondo quanto denuncia la Rete antirazzista etnea le forze dell’ordine, a differenza del passato, hanno tenuto lontani i volontari. «Secondo nuove disposizioni della Prefettura di Catania, agli sbarchi potrebbe accedere solo personale autorizzato», denuncia il gruppo che chiede: «In base a quale criterio? Sarà la presenza di Frontex a restringere e discriminare gli spazi di agibilità democratica delle associazioni solidali?».
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