Migranti, Palermo e l’accoglienza in città  «Problema falso, è una crisi dell’ospitalità»

«Palermo da sempre è una città accogliente e gli insediamenti migliori sono avvenuti nei quartieri più popolari, basati su valori condivisi. Questa parte di popolazione è stata inclusiva fino a oggi, ma c’è il rischio che cambi rispetto ai messaggi fuorvianti che circolano». Così la giornalista Lidia Tilotta dà il via al dibattito Mare Nostrum o Mare Omnium?, organizzato presso la Casa della cooperazione, un bene confiscato alla mafia di Corso dei mille, per discutere di diritti fondamentali, frontiere e nuove sfide di cittadinanza. Ma quanto influisce sulla percezione della gente l’odierno meccanismo dell’informazione e quanto rischia di divenire pericoloso? «Non facciamo che comunicare numeri su numeri, non riusciamo a spiegare cosa stia succedendo – continua la giornalista – Ma gli strumenti per far passare questi messaggi ci sono. C’è un lavoro che dobbiamo fare noi semplici cittadini, ma anche un lavoro strutturale che andrebbe reclamato a gran voce».

Malgrado la nostra città, secondo più pareri, guardi a inclusione e integrazione, da soli non andremo mai troppo lontano. «Rispetto ad altre zone e ad altri luoghi, Palermo è un paradiso in fatto di accoglienza», afferma il sociologo Alessandro Dal Lago, che da anni vive a Ballarò: «Ci sono realtà molto complicate qui di cui bisognerebbe occuparsi. Ci sono anche realtà simpatiche e interattive, e altre ancora che nessuno vede ed è quello il problema». Così come, rispetto al fenomeno migratorio, il problema sarebbe proprio «il non detto» e l’incapacità dell’Europa intera di gestire il flusso, sia a livello sociale che politico. «Le informazioni che arrivano da questo tipo di sistema sono a loro volta paranoiche, manipolate, fittizie», spiega il sociologo. Troppa, secondo l’esperto, la retorica sull’argomento e nessuno ancora che si chieda in maniera seria perché queste persone arrivino dalla Libia: «Non sono gli scafisti che li vanno a prendere per una vacanza, non sono dei turisti – dice – C’è una cecità folle ed è questo che mi spaventa di più, non si guarda al problema reale. E la sfera della comunicazione influenza la percezione pubblica, in ballo c’è una responsabilità umana pesante».

Gli fa eco l’antropologo Michel Peraldi, secondo cui quello migratorio sarebbe oggi un problema creato ad hoc, non reale. «Non esiste una crisi migratoria, esiste una crisi dell’ospitalità e delle istituzioni – spiega – Che cos’è la cittadinanza europea? Oggi non è una cosa positiva, non siamo in grado oggi di dire cosa siamo in quanto europei. Ma l’unico modo per noi europei di fare l’Europa è attraverso la mobilità». Per lo studioso il fatto di aiutare uno straniero oggi rappresenta addirittura un fatto rivoluzionario: «La migrazione è rivoluzionaria perché fa arrivare in una data società uno che non ne fa parte e che inevitabilmente influisce sulla cittadinanza per cambiare il senso della società». Seduto di fianco a lui c’è, infine, Sergio Cipolla, presidente del Ciss Ong, organizzatore del dibattito. «Siamo di fronte a un problema inventato – dice subito, in accordo con i colleghi -Non dobbiamo trascurare l’effetto devastante dell’ignoranza diffusa collegata alla rapidità insita nei media nel dare le informazioni».

Il presidente Cipolla tira in ballo alcuni progetti lanciati dal Ciss, che hanno permesso di far parlare del fenomeno migratorio ma che, di contro, hanno anche fatto emergere una dilagante disinformazione fra gli utenti. «Abbiamo ricevuto, in risposta ad alcune attività, considerazioni di una violenza inaudita, e il messaggio ricorrente era sempre lo stesso: ‘muoiano a casa loro, noi dobbiamo pensare a noi’ – racconta – Una visione altra della realtà, si propaganda un mondo inesistente a gente che non si pone nemmeno il problema di chiedersi come stiano le cose». Il migrante, insomma, viene oggettificato in quanto tale, diviene una cosa che prima non esisteva e che, secondo il presidente del Ciss, in molti sperano che torni presto a non esistere più.

Silvia Buffa

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