«No Libia, no Libia» e poi il tuffo in acqua, muovendo le braccia in direzione della nave della ong tedesca Sea Watch, ma soprattutto nel tentativo di evitare di essere presi dalla motovedetta delle autorità libiche. A pochi giorni dalla notizia del dissequestro dell’imbarcazione dell’organizzazione non governativa spagnola Proactiva, con il giudice che ha specificato come in Libia non esistano porti sicuri indipendentemente dal riconoscimento di una zona Sar, è di ieri la notizia di un nuovo confronto ravvicinato tra le Ong e la guardia costiera di Tripoli a cui il governo italiano, da oltre un anno, chiede esplicitamente un impegno nel controllo del Mediterraneo. Nonostante l’instabilità che ancora oggi caratterizza il paese nordafricano e i racconti dei migranti arrivati in Italia, che spesso descrivono condizioni di detenzione inumane. Al punto che rischiare di morire in mare fa meno paura di rimanere sulla terraferma.
Tutto è iniziato nel primo pomeriggio di ieri, quando Sea Watch era impegnata in un’esercitazione. Intorno alle 14, l’ong ha sospeso le proprie attività per andare in soccorso di un gommone con a bordo circa cento persone a circa 60 miglia dalle coste libiche. Dalla centrale operativa della guardia costiera italiana è arrivata però la comunicazione dell’acquisizione del controllo dell’intervento da parte delle autorità libiche, che a loro volta hanno chiesto a Sea Watch di lasciare la zona, nonostante le motovedette libiche non fossero ancora arrivate. A quel punto l’ong si è limitata a distribuire i giubbotti di salvataggio, per evitare di mettere a rischio la vita delle persone a bordo.
La situazione si è fatta però più tesa nel momento in cui i libici hanno raggiunto il gommone: alla vista dei militari nordafricani parecchi migranti si sono gettati in acqua, implorando di non essere riportati in Libia. A quel punto la guardia costiera nordafricana ha deciso di acconsentire al trasbordo di tutti i migranti sulla Sea Watch.
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