Migranti e diritti, la sessione del Tribunale dei popoli «No alle sentenze precostituite, ci saranno solo i fatti»

«Non ci saranno sentenze precostituite, ci saranno solo i fatti». L’arrivo a Palermo del Tribunale Permanente dei Popoli viene annunciato dal docente di Diritto di asilo Fulvio Vassallo Paleologo, in una conferenza stampa all’oratorio Santa Chiara che nelle intenzioni avrebbe dovuto essere anche in contrapposizione alla presenza del ministro dell’Interno Marco Minniti. Atteso nel pomeriggio per i 20 anni di Repubblica Palermo, il fautore del memorandum tra Italia e Libia ha invece preferito concentrarsi sulla direzione nazionale del Partito Democratico. Convocato da 60 enti palermitani, il Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) svolgerà quattro sedute pubbliche nel capoluogo siciliano dal 18 al 20 dicembre. Alla presenza di una decina di giudici, rappresentanti riconosciuti per indipendenza e competenza in tutto il mondo, testimoni ed esperti presenteranno analisi, prove e testimonianze in prima persona su I diritti delle persone migranti e rifugiate.

«Sarà tra le altre cose un lavoro di comunicazione contro la narrazione tossica che i mass media ci danno – spiega il giurista -. Spesso chi arriva viene respinto collettivamente, vengono violati i diritti fondamentali della persona. Il focus sarà sul Mediterraneo e sulla Libia. Contiamo anche di raccogliere le testimonianze delle organizzazioni nazionali non governative che lavorano in mare per salvare vite umane, in particolare Aquarius. Forniremo una qualificazione giuridica e individueremo delle responsabilità. Porteremo fatti e su questo aspetteremo delle sentenze». 

Un arrivo importante, in una città sempre più crocevia di fenomeni migratori imponenti , quello del tribunale di opinione che negli anni è diventato un laboratorio di denuncia e ricerca interdisciplinare. Con le sue 44 sessioni e sentenze (a partire dalla fondazione a Bologna nel 1979 da parte di Lelio Basso), il TPP ha una funzione sussidiaria, poiché agisce in assenza di una giurisdizione internazionale competente a pronunciarsi sui casi di giustizia dei popoli. Nelle sue sentenze il Tribunale non si limita ad applicare le norme esistenti, ma mette in evidenza lacune o limiti del sistema internazionale di tutela dei diritti umani per indicarne linee di sviluppo.

«La Libia è sempre stata un inferno – racconta Alessandra Sciurba, della Clinica Legale per i Diritti Umani all’Università di Palermo – ma col memorandum si delega alle forze libiche la vita delle persone. C’è di più: nel 2017 lo Stato ha stanziato un fondo speciale di 200 milioni per l’Africa; di questi un milione e 200mila euro sono andati direttamente alla marina militare libica. Attraverso le tasse pagate dai cittadini italiani, il governo finanzia direttamente i militari africani. Siamo stati noi a rendere purtroppo popolo i migranti, che invece sono singole persone con le proprie singole storie». Fausto Melluso, dell’Arci Porco Rosso, viene ogni giorno a contatto (attraverso lo sportello San Papier) proprio con queste testimonianze che faranno parte delle udienze di dicembre. «È evidente che c’è una degradazione dei rapporti di forza in quelle terre – osserva -. C’è un muro, immateriale ma c’è, tra noi e loro. Spesso poi si può parlare di respingimenti differiti, vista l’illegalità irredimibile in cui si trova chi arriva a Palermo e in Italia. C’è chi vede i migranti come criminali a prescindere, e sono la maggioranza, e chi li vede vittime a prescindere. Nessuno sostiene il mutuo riconoscimento».

Non è la prima volta, tra l’altro, che il tribunale si occupa di Sicilia. Nel 2015 i giudici del TPP si occuparono anche, partendo da una denuncia del Controsservatorio Valsusa riguardo la vicenda del Treno ad Alta Velocità Torino-Lione (conosciuto semplicemente come TAV), delle grandi opere che hanno impatto sulle comunità locali. E venne dato spazio anche al Muos di Niscemi e al ponte sullo stretto di Messina. «Speriamo che Palermo sia pronta – dice Domenico Guarino, che parte dei missionari – L’anno scorso la sentenza sul Tav fu portata a Strasburgo, sfruttando l’altissimo spessore morale e legale del Tribunale». 

Andrea Turco

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