Gruppi libici armati dietro i viaggi della speranza dei migranti verso le coste italiane. E’ l’ipotesi della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che indaga da tempo ipotizzando il reato di tratta di esseri umani. Non è però chiaro a quale dei vari gruppi che al momento combattono in Libia appartengano i trafficanti. Nessuna conferma del fatto che si tratta di cellule legate all’Isis, anche se pure questa ipotesi è tenuta in considerazione.
Da alcune intercettazioni emerge infatti un collegamento tra gli organizzatori della tratta, già identificati e indagati, e gruppi di miliziani libici. «Abbiamo guadagnato un milione di dollari», afferma in una telefonata ascoltata dagli investigatori un personaggio che fa parte di un gruppo combattente.
Ulteriore conferma alla direzione presa dalle indagini della Dda arriva dall’episodio accaduto a febbraio scorso a largo delle coste del paese nordafricano. Il 15 febbraio quattro uomini armati di fucile kalashnikov hanno intimato, a 50 miglia dalla costa della Libia, all’equipaggio di una motovedetta della Guardia Costiera di abbandonare il barcone su cui avevano viaggiato un centinaio di migranti. E hanno aperto il fuoco.
In quell’occasionei colpi sarebbero stati sparati a pelo d’acqua e gli italiani non avrebbero risposto al fuoco per preservare l’incolumità delle circa 200 persone appena recuperate. Gli uomini armati, sempre secondo le stesse fonti, erano a bordo di un gommone di 5 metri con due motori fuoribordo.
Adesso si viene a sapere che i trafficanti protagonisti di quell’episodio apparterrebbero allo stesso gruppo intercettato dalla Dda.
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