«Rattristati dalla morte di cento vite umane al largo delle coste della Libia, a Tajoura. Trenta donne e settanta uomini sono morti dopo aver nuotato per un’ora prima che arrivassero i soccorsi». È in un tweet che l’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, fa il bilancio dei morti dell’ultima tragedia del mare. Intorno alle 4 di questa mattina, una barca con a bordo circa 120 migranti sarebbe colato a picco. «Le squadre dell’Unhcr hanno assistito 16 sopravvissuti dopo lo sbarco con aiuti medici e umanitari», si legge ancora nel tweet.
Stando a quando comunicato dalla Guardia costiera libica con un post su Facebook, che cita anche un sopravvissuto yemenita, fra le vittime del naufragio a est di Tripoli ci sarebbero pure tre bambini di meno di un anno e mezzo, un egiziano e due marocchini. A naufragare è stata «una barca di legno rovesciatasi perché vecchia». Stando al racconto del sopravvissuto, il natante trasportava «fra 120 e 125 migranti di differenti nazionalità arabe (Yemen, Egitto, Sudan, Marocco) e africane (Ghana, Nigeria, Zambia)».
Gli altri quindici sopravvissuti sarebbero di nazionalità africane. «I migranti erano troppi per la possibilità dell’imbarcazione e sono scivolati all’indietro quando si sono aperte crepe nella parte anteriore dello scafo e il motore è andato a fuoco», si legge nel post della Guardia costiera libica. «La pattuglia è arrivata dopo il naufragio della barca», scrivono ancora affermando che «sfortunatamente più di 100 migranti sono annegati» ed escludendo, quindi, che vi siano altri sopravvissuti.
Il salvataggio, compiuto da un gommone della Guardia costiera del settore di Tripoli, regione Al Hamidya, è avvenuto a 6-7 miglia a nord-est di Gasr Garabulli su segnalazione di alcuni pescatori. Stando a quanto scritto nella nota dalla Guardia costiera libica, i sopravvissuti sono stati portati alla base di Hamidya alle 13 dove, alla presenza dell’Oim e della Mezzaluna rossa, sono stati consegnati all’Autorità per la lotta all’immigrazione illegale di Tagiura (Tripoli).
Nel post sul social network in cui vengono forniti i dettagli del naufragio, la Guardia costiera sottolinea che viene prodotto «uno sforzo gigantesco» per salvare i migranti malgrado «deboli capacità, la mancanza di motovedette e di pezzi di ricambio». C’è inoltre un «problema umano, giuridico e sanitario» a causa dei cadaveri che «restano per giorni in alcune basi della Marina rappresentando – si conclude nella nota – un pericolo per il personale».
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