Non ce la faceva più a stare rannicchiato sul ponte della nave Vega della marina militare italiana che lo ha portato fino al porto di Catania. Mohammed, tre anni al massimo, appena toccato piede sul molo, ha lasciato la mamma che teneva in braccio un neonato e nella mano un terzo figlio, e si è lanciato in una corsa di qualche decina di metri fino ai gazebo dove la Croce Rossa lo aspettava per la prima accoglienza. Mohammed (nome di fantasia) è uno dei 63 minori sbarcati oggi pomeriggio nel capoluogo etneo, insieme a 236 uomini e 23 donne, di cui una incinta al quinto mese. In totale sono 322, provenienti dall’Africa subsahariana, in particolare dall’Eritrea. Si aggiungono ai 348 arrivati ieri e già in parte trasferiti, in parte allontanitisi.
Nel gruppo di migranti c’è un caso sospetto di malaria e un uomo sulla sedie a rotelle. Le operazioni di sbarco sono durate molte ore: dopo l’intervento dei sanitari a bordo, sono scesi i nuclei famigliari con i bambini piccoli. Probabile destinazione il Palaspedini, la struttura sportiva attigua allo stadio Massimino dove anche ieri sono stati trasferiti la maggior parte degli immigrati. «Ma sono stati venti minuti, poi quasi tutti sono andati via – racconta un commerciante della zona – tanto le porte erano aperte ed è rimasta solo una pattuglia dei carabinieri e qualche uomo della protezione civile come sorveglianza». Nel tardo pomeriggio di oggi l’impianto era chiuso, in attesa dei nuovi arrivi.
E’ grave la situazione dei centri di prim accoglienza siciliani. Oggi anche il Palanebiolo di Messina, dove erano stati portati i migranti arrivati a Catania tre giorni fa, è stato chiuso dopo una visita dell’Asp che ha dichiarato la non idoneità della struttura ad ospitare persone a cause delle carenti condizioni igienico-sanitarie.
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