Michele, da 15 anni pendolare Catania-Roma «Ai prof dico: farò questa vita fino alla pensione»

«Le compagnie stanno già festeggiando gli effetti della riforma scolastica che ha costretto alla deportazione tantissimi docenti siciliani verso il Nord e che saranno costretti a sborsare altri euro per poter raggiungere i figli e le famiglie rimasti in Sicilia». È l’amara constatazione di un nostro lettore, Umberto D’Ambrosio, alla luce delle altissime tariffe applicate dalle linee aree che collegano la Sicilia al Settentrione. «Altro che isolani, qui siamo davvero isolati da tutto e da tutti», è la conclusione. Ma se per i dipendenti pubblici obbligati a trasferirsi la situazione è difficile da sopportare, molto più complicato è per i professionisti «senza garanzie», risponde Michele, 40 anni, lettore di origini catanesi da 15 anni a Roma perché impiegato da informatico in una banca. «Per i docenti ci sono tantissimi disagi, ma ci sono anche realtà che stanno molto peggio – spiega – Domani l’azienda potrebbe chiudere, le scuole no».  

«Rispetto ad altre città, per fortuna da Roma è più facile muoversi», aggiunge Michele. Il riferimento è a storie come quella di Maurizio Facchini, 23enne studente a Milano che dovrebbe tornare a casa a Siracusa. O a quella di Giorgio, pendolare siculo-lombardo che nel 2014 ha speso in viaggi mille euro in pochi mesi. «Viaggiando spesso ho incontrato diverse persone che avevano difficoltà maggiori. Mi ricordo di alcune persone che dovevano andare da Catania a Napoli e per loro spostarsi in aereo è proibitivo, l’unica soluzione è il treno». Ancora più complicato per chi si muove a ridosso dello Stretto. «Paradossalmente, per un universitario di Lamezia Terme costa meno andare a studiare a Firenze che a Messina».

Percorrendo la tratta Roma-Catania dal 2000, «ho avuto modo di viaggiare con tutti i mezzi. Fino a poco tempo fa, per andare in aereo a Natale si doveva prenotare per le vacanze di Pasqua. Negli altri periodi, i prezzi erano nella media». La situazione è leggermente migliorata da quando «è arrivata Ryanair e hanno aperto l’aeroporto di Comiso. Prenotando con un leggero anticipo, anche nei giorni più critici si trovano prezzi abbordabili». Un mezzo quasi di rifugio è considerata l’automobile. «Da qualche anno la uso sempre più – sospira il professionista – ma la situazione è sempre critica e il problema è sempre uno: lo Stretto». E, di conseguenza, il traghetto. Negli ultimi anni, «ci sono stati rincari fuori da qualsiasi controllo dello Stato – commenta Michele – Siamo passati da 50mila lire a 75 euro e il servizio è peggiorato, con sempre meno corse». Così affrontare gli 800 chilometri che separano la città etnea dalla capitale e ritorno, «con un buon diesel, contando anche i pedaggi, si può fare con 250 euro». Tenendo anche a mente «i limiti di velocità assurdi sulla Salerno-Reggio Calabria, che a volte arrivano a 70 chilometri orari in autostrada». 

Un capitolo a parte è quello che Michele dedica ai treni. «Era la soluzione che attuavo nei primi anni in cui vivevo a Roma, storicamente si utilizza nei periodi di festa, perché costa di meno. Ma è come se non esistesse», afferma categorico. Un’ultima alternativa quando non è possibile prenderne in considerazione altre. «Il viaggio ufficialmente dura nove ore e mezzo, in vagoni in condizioni disastrose, ma tarda sempre di un’ora». A meno di eventi imprevisti che facciano rallentare ulteriormente l’attesa. «Io mi ritengo fortunato – confessa il 40enne – Ci sono persone che devono vivere con 1200 euro fuori casa, in una grande città. Non è pensabile nemmeno sposarsi, figurarsi avere figli o anche solo pensare di tornare a casa». E conclude: «Gli insegnanti dovranno fare questa vita per tre anni, chi lavora nelle forze dell’ordine qualche anno in più. Io rimarrò fuori dalla Sicilia fino alla pensione».

Carmen Valisano

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