Miccichè si congeda da presidente dell’Assemblea regionale «Ho difeso il parlamento anche dagli attacchi di Musumeci»

Parole di commiato quelle spese da Gianfranco Miccichè alla sua ultima cerimonia di consegna del ventaglio, l’evento organizzato dall’associazione della stampa parlamentare che segna anche la chiusura dei lavori dell’Assemblea regionale per la pausa estiva. Il presidente dell’Ars si è presentato in perfetto orario, con molti appunti, per un discorso che non ha lasciato da parte alcun punto saliente della discussione politica di queste settimane, dalle dimissioni del presidente della Regione Nello Musumeci, che secondo Miccichè «potrebbero arrivare venerdì», alla candidatura di Stefania Prestigiacomo per palazzo d’Orleans, senza nascondere le solite stilettate al governo regionale, con cui il coordinatore di Forza Italia dichiara di non avere avuto nessuno screzio personale.

«Quando qualcuno dice che ho fatto tutto questo per principio nei confronti di Musumeci, onestamente non lo capisco – spiega Miccichè – Sanno tutti che avevo come sogno quello di rimanere presidente dell’Assemblea, è chiaro che con questa mia battaglia contro il presidente della Regione ho dovuto rinunciarci. Quando Giorgia Meloni o chi per lei dice “Miccichè può scordarsi la presidenza dell’Assemblea”, dico: “L’avevo già dimenticato”. La pretesa da parte nostra di non volere Musumeci metteva sicuramente a rischio la mia presidenza, non c’era bisogno che nessuno mi desse lo sfratto. Credo di avere fatto il presidente dell’Assemblea con coscienza. Tutto quello che ho fatto l’ho fatto per il bene della Sicilia, per il bene e per la dignità di questa Assemblea, che considero prioritaria anche rispetto a quella del governo. Quando un governo ha pensato di fare tutto con il fastidio del passaggio del Parlamento, vorrei ricordare che il Parlamento è la massima espressione di rappresentanza». Miccichè rivela, se così si può dire, anche i motivi per cui è iniziata la crociata personale contro il governatore. «Gli elementi fondamentali della democrazia – continua – sono i partiti, che sono la rappresentanza popolare, il parlamento, che controlla quello che l’esecutivo fa, e la stampa, che è quella che divulga le informazioni relative a governo e parlamento. Mi è sembrato che in quest’ultima legislatura ci sia stato un atteggiamento di fastidio sia nei confronti dei partiti, che nei confronti del parlamento, che nei confronti della stampa. Non è possibile che chi governa immagini di farlo senza i partiti, senza parlamento e senza stampa. Questo è l’appunto che ho sempre fatto al presidente Musumeci e che farò a chiunque dovesse pensarla così». 

Ma le accuse al governo regionale non finiscono, e arrivano anche durante il resoconto dell’attività dell’Assemblea degli ultimi cinque anni. «Sono contento di quello che abbiamo fatto in questa legislatura, tranne che per il problema delle impugnative – dice ancora Miccichè – Credo però che questo sia fortemente dipeso proprio dal rapporto che c’è stato col governo, che dopo alcune impugnative ha fatto anche una specie di festa, dicendo “le norme impugnate sono più quelle di iniziativa parlamentare che quelle del governo”. Quando abbiamo fatto la legge sui vitalizi, che oggi ci viene richiesta da Roma, perché è la più giusta, la più corretta ed equilibrata che sia mai stata fatta, il presidente della Regione ha ritenuto, su un’impugnativa molto limitata rispetto all’importanza della legge, di non presentarsi alla Corte in difesa della norma. Anche questa è una mancanza di rispetto nei confronti del parlamento. Le impugnative su cose di iniziativa governativa sono state stradifese, quelle di iniziativa parlamentare no. Questa è una cosa grave. Le leggi sono del parlamento, anche quelle di iniziativa governativa, queste sono le regole, non le posso e non le voglio cambiare. Qualcuno – non io – ha messo dei dubbi anche peggiori, sostenendo che addirittura la Regione abbia chiesto al governo nazionale di impugnare alcune leggi. Io spero che non sia vero». Il riferimento è al cosiddetto Blocca nomine, che impediva al governo di elargire incarichi a pochi mesi dal voto per le Regionali.

Infine un passaggio sulla necessità di trovare un sostituto per Musumeci. Sostituto che Miccichè avrebbe già trovato, se non fosse che la coalizione di centrodestra ancora non accenna a convocare il tavolo per un confronto a viso aperto sul nome del prossimo candidato presidente, motivo per cui dal coordinatore forzista parte l’ultimatum. «Stefania Prestigiacomo rimane assolutamente tra le protagoniste di questo tavolo che si svolgerà tra pochi giorni. Diversamente da altri non sono uno che pretende o impone, ma spero che da questo tavolo esca il suo nome, anche se non ci sono veti nei confronti di nessuno. Faremo un’indagine, metteremo i curriculum a confronto. Prestigiacomo è stata più volte ministra, presidente dei giovani di Confindustria, conosce le regole, le lingue, ha tutti i presupposti per essere un’ottima presidente della Regione. Se qualcuno impone di non fare il tavolo per prendere una decisione io la prendo a prescindere da tutto, candido Prestigiacomo, punto. Non è una cosa che mi piace, non mi piace imporre niente, ma se sono costretto lo faccio. Seduti intorno a un tavolo e ragionando come abbiamo ragionato in trent’anni, il nome del presidente della Regione lo troviamo in due ore. I tempi però sono brevi: Caterina Chinnici è in campagna elettorale, De Luca è in campagna elettorale da due anni, bisogna sbrigarsi».

Ultima chiosa sui suoi impegni futuri fuori da palazzo dei Normanni. Miccichè rifiuta in maniera piuttosto secca la possibilità di una candidatura alle elezioni nazionali. «Ho 70 anni, credo di avere raggiunto tutti i livelli politici che si potessero raggiungere. Ho avuto una fortuna che raramente si ha, questa amicizia col presidente Berlusconi, che mi ha fatto fare una carriera assolutamente inimmaginabile. L’ho fatta con calma, senza volere essere ministro il primo giorno, neanche dopo il 61 a 0. Non tutti ragionano così: tutti vogliono essere ministri, per poi finire a fare i sottosegretari dopo. Non ho più bisogno di fare niente, voglio dedicarmi alla famiglia, ai miei amici, alla politica seria e a quello che mi piace. Mi sveglio la mattina ricordandomi di essere felice, difficile che nell’arco delle 24 ore non trovi qualcosa che mi piace». 

Gabriele Ruggieri

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