Mezzojuso, sindaco: «Mai stato al funerale di don Cola» Il Viminale invia gli ispettori: «Sono qui che li aspetto»

C’è andato o non c’è andato? «Assolutamente no». Questa la risposta secca e decisa del sindaco di Mezzojuso Salvatore Giardina, rispetto alla sua presunta partecipazione al funerale del boss mafioso don Cola nel 2006. Circostanza sulla quale, al contrario, il primo cittadino sarebbe stato poco chiaro durante un’intervista in diretta con Massimo Giletti e che avrebbe, in seguito, rappresentato l’input per il Viminale nella decisione di inviare al Comune in provincia di Palermo gli ispettori antimafia per alcune verifiche. Ma Giardina adesso non ha alcun dubbio e spiega la poca chiarezza generata dal clima respirato durante la trasmissione Non è L’Arena. «Preso a caldo, così, alla sprovvista non avevo ben capito – dice il sindaco -. Da persona religiosa è vero che partecipo a tutti i funerali, ma io ho ripensato a quella circostanza precisa a mente fredda, ho fatto mente locale e sono certo di non esserci andato, sono certissimo».

Ma allora perché non dirlo subito e fugare ogni dubbio? «Erano otto contro uno solo, io, mi facevano domande in continuazione, non sono una persona che ha i tempi televisivi che sanno avere altri o rispondere con facilità – spiega -. Sono un sindaco di periferia di un piccolo Comune, non abituato alle telecamere. Quelle furono quattro ore di interrogatorio, con un conduttore non esattamente super partes». In quell’occasione Giletti non gli avrebbe fatto domanda diretta ma avrebbe affermato, cadendo in errore secondo Giardina, che l’informativa ricevuta dai carabinieri fosse una sola ma che non ci fosse alcuna conferma che il sindaco, all’epoca nel ruolo di assessore, avesse partecipato a quel preciso funerale. «E infatti non c’ero – ribadisce -. Le uniche esequie a cui ho partecipato, scoprendo solo dopo che si trattava di un affiliato a Cosa nostra, sono state quelle di Salvatore Napoli, il papà delle signorine, ma allora quando partecipai non si sapeva, altrimenti non sarei andato neanche a quel funerale».

Intanto, la vicenda delle sorelle Napoli e delle loro denunce continua ad assumere proporzioni maggiori. Quello che è emerso dai loro racconti sono vent’anni di reiterate minacce, di sassi scagliati addosso, di recinzioni sistematicamente danneggiate, di sconfinamenti di vacche e di lucchetti infranti, di cani uccisi «lasciando le loro carcasse in decomposizione all’interno dei locali». Nei giorni scorsi la procura di Termini Imerese ha chiesto il rinvio a giudizio per Simone La Barbera, in carcere per un’accusa di estorsione in un altro procedimento, Antonino Tantillo e Liborio Tavolacci accusati di tentativo di estorsione nei confronti proprio delle sorelle Ina, Irene e Anna Napoli e della loro madre Gina La Barbera. Secondo l’accusa le tre sorelle sono state appunto vittime di intimidazioni per convincerle a cedere la loro azienda agricola tra Mezzojuso e Corleone. È una battaglia, la loro, di cui si è fatto portavoce soprattutto Massimo Giletti, che attraverso la trasmissione di La7 ha più volte dato ampio spazio alla vicenda. «Nessuno si poteva immaginare proporzioni del genere», osserva il sindaco Giardina.

Che, tuttavia, non appare contrariato dal fatto che si parli della vicenda in sé, che era giusto denunciare. Sembrano essere altri, ad oggi, i suoi dubbi. «Mi viene il sospetto che Giletti stia traendo vantaggio da questa storia per vendere il libro che ha scritto. Ha costruito numeretti su numeretti con la sua trasmissione, tanto che è arrivato fino a Mezzojuso con una puntata in diretta». Il sindaco Giardina però sottolinea più volte come, malgrado la presunta visita in arrivo degli ispettori antimafia a Mezzojuso, lui si senta tranquillo. «Non potrebbe essere diversamente. Anzi – spiega -, sarà l’occasione giusta per fare finalmente chiarezza su questa pagina buia della nostra comunità. Quindi sono serenissimo e sono vicino a magistrati e forze dell’ordine. Io non ho mai avuto a che fare con persone affiliate a Cosa nostra, quindi cosa dovrei temere? Vengo da una famiglia perbene – aggiunge , sono cresciuto con Ninni Cassarà e il colonnello Russo, posso mai lontanamente pensare di avere a che fare con un altro genere di persone? Al contrario le condanno».

Insomma, il sindaco sembra sicuro del fatto suo. E la comunità, del resto, in tutta questa vicenda ha sempre mostrato una certa vicinanza al primo cittadino, prendendone spesso le parti. Cosa che, a detta delle sorelle, non si sarebbe sempre verificato anche nei loro confronti. Quando si è iniziato a parlare della loro storia, infatti, non tutti avrebbero preso sul serio quanto da loro denunciato. «Io sono per la verità e per la giustizia – torna a dire Giardina -. Per le sorelle Napoli ho fatto tutto quello che era nelle mie funzioni, anche perché ripeto che non è territorio mio ma di Corleone». Il loro terreno si trova infatti nell’ultima parte del territorio corleonese, a 15 minuti da Mezzojuso, con cui confina a nord. Mentre a est c’è Godrano, a sud Corleone e a ovest Campofelice di Fitalia. «Ripeto, ho fatto tutto quello che era fattibile – assicura -, le ho esentate dalle tasse e ho creato un capitolo di cinquemila euro per le vittime di estorsione, anche se loro non lo hanno chiesto perché ancora non sono state dichiarate tali. Io con le sorelle Napoli continuo a non avere nulla, loro però mi attaccano…che facciano la loro strada, sono sereno». 

Intanto il sindaco tenta di difendersi non solo con repliche e controrepliche a chi gliele chiede, ma anche con querele a chi punta il dito contro di lui e il Comune additandoli come filomafiosi. Come quella presentata nei confronti del giornalista Klaus Davi, anche lui nel team della trasmissione di La7 con Giletti, e neo consigliere comunale di San Luca. Per lui la procura di Termini Imerese avrebbe chiesto un secondo processo, proprio in seguito alla querela del sindaco Giardina. «Salvini sa che sono praticamente l’unico imputato di questa vicenda? Che potrei essere l’unico a pagare? – domanda il giornalista, rivolgendosi direttamente al vice premier -. Il ministro degli Interni è a conoscenza che per riportare la democrazia a San Luca sono sceso in Calabria senza paracadute lavorando anche per lui? Spero che qualcuno dei suoi glielo dica, perché ultimamente l’ho sentito poco e mi dispiace molto».

Silvia Buffa

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