In paese è conosciuto come il lungo. Ma Simone La Barbera nel 2018 è uscito, suo malgrado, oltre gli stretti confini di Mezzojuso. Di lui da tempo si occupa la trasmissione tv Non è l’arena, che da tempo segue la vicenda delle sorelle Napoli – le tre donne che da undici anni sono ostaggio di minacce e intimidazioni da parte della mafia dei campi. La Barbera, secondo il racconto delle sorelle Napoli, dopo le prime denunce le avrebbe minacciate e sarebbe passato alle ritorsioni. La sua figura – figlio di di Nicola, che consegnava i pizzini nel periodo della latitanza a Bernardo Provenzano, e pastore confinante con le sorelle Napoli dall’istituto zootecnico della Regione – è sempre stata piuttosto discussa. E da ieri sera lo è ancora di più.
Il giornalista Massimo Giletti ha infatti ricordato che nella maxi operazione condotta dalla Dda che ha sgominato i nuovi vertici di Cosa nostra palermitana, tra i 48 arrestati c’è anche La Barbera. L’accusa per lui è di tentata estorsione nei confronti di due imprenditori, di cui uno proprio di Mezzojuso. Vicende che non sono certo inerenti alla storia delle sorelle Napoli ma che, come sostiene il loro legale Giorgio Bisagna, «conferma che non parliamo proprio di un angioletto, un po’ di fumus forse c’era in quelle cose». Il procedimento scaturito dalle accuse delle tre proprietarie nei suoi confronti è stato comunque archiviato. «Ci sono però altri procedimenti in corso – ricorda Bisagna – con l’accusa di pascolo abusivo e che riguardano altre persone. Qualche giorno fa ci sono stati altri danneggiamenti nei terreni di proprietà delle sorelle Napoli. Proprio sulle reti che aveva fatto mettere l’assessore all’agricoltura Edy Bandiera». Un fatto che fa tornare la paura, dopo un’estate serena per le tre sorelle. «Evidentemente le mucche selvatiche, che prima avevano smesso di operare forse perché guardavano l’Arena di Giletti (la tesi dello sconfinamento degli animali nei terreni delle sorelle era infatti che fossero appunto animali selvatici e non relativi a possibili proprietari confinanti … ndr), nel frattempo hanno imparato a tagliare le reti» commenta ironico il legale.
Durante la puntata di ieri, l’ex magistrato Antonio Di Pietro ha ricordato che La7 si è occupata di La Barbera da febbraio di quest’anno. Ma ad agosto La Barbera, secondo gli inquirenti, trova il tempo di minacciare due imprenditori, in particolare in merito alla gestione della sala ricevimenti Casale San Leonardo. In particolare La Barbera avrebbe rimarcato «la propria appartenza a Cosa nostra in qualità di elemento di riferimento per il territorio di Mezzojuso, autorizzato alla formalizzazione di richieste estorsive», secondo quanto scritto nel rapporto degli investigatori. Un potere talmente netto che La Barbera avrebbe pure provato a venire incontro alle difficoltà degli imprenditori, suggerendo la possibilità di uno sconto del racket dagli iniziali 200mila euro. «Devi risolvere la faccenda, devi raccogliere 100mila euro, sentiti pure con il tuo socio ma devi risolvere la faccenda … siamo in trenta ad essere interessati alla situazione» dice il 02 agosto agosto La Barbera a uno dei due imprenditori,. Successivamente lo stesso pastore – che ha un gregge di pecore che pascola proprio nei pressi della concessionaria di autovetture della vittima – si sarebbe dimostrato ancora più magnanimo, offrendo la possibilità di dilazionare il versamento in rate da 10-15mila euro. L’imprenditore, invece, trova il coraggio e va a denunciare l’accaduto.
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