Metro Cibali, la battaglia dei cittadini contro la Tecnis Residenti: «Crepe nei muri e una voragine nel cortile»

Crepe nei muri delle abitazioni e una voragine di «sei metri di profondità» che si è aperta nel cortile il 27 settembre 2016. La battaglia dei residenti del condominio di via Galermo 106, a Catania, assomiglia a quella di Davide contro Golia. Da una parte ci sono i cittadini con le case danneggiate e il cortile rattoppato col cemento, dall’altra c’è il colosso delle costruzioni Tecnis. Su due fronti metaforici e reali: da una parte della strada c’è l’ingresso al palazzo, dall’altra c’è il cantiere della stazione della metro Cibali, ancora chiusa nonostante l’inaugurazione fosse prevista per la fine di aprile. La questione è arrivata nelle aule del tribunale di Catania. La terza sezione civile, a febbraio 2017, ha emanato un’ordinanza con la quale chiede a Tecnis di eseguire le opere di consolidamento degli edifici segnalate dal consulente tecnico d’ufficio. Decisione che è stata impugnata dall’impresa di Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice e per la quale si attende l’esito del lavoro di nuovi ingegneri.

Come raccontato in esclusiva da MeridioNews, i ritardi nella consegna della stazione Cibali riguardano anche l’impermeabilizzazione della galleria che collega il tunnel dei binari con la superficie. Lavori necessari e prevedibili in una zona nota, da sempre, per i torrenti sotterranei che la percorrono per tutta la sua lunghezza. Oltre che con questo problema, però, nei mesi che sono trascorsi Tecnis e Circumetnea hanno dovuto fare i conti anche con gli attivissimi residenti della zona. Che, uno dopo l’altro, si sono rivolti a tecnici e specialisti per ottenere la certificazione dei danni che si sono manifestati nelle loro abitazioni a partire da quasi dieci anni fa. Da quando, cioè, è partito il cantiere per l’edificazione della nuova stazione della metro. Le case a presentare le prime problematiche, dall’inizio dei lavori della metro, sono in totale otto: sei in via Dilg e due in via Comona. A queste va aggiunto l’intero condominio di via Galermo 106, in cui il crollo dell’asfalto nel cortile ha fatto esplodere il disagio degli abitanti.

«Abbiamo danni alle strutture portanti», spiega Agata Lanzafame, che abita in via Dilg. Lei e i suoi vicini di casa hanno dato vita a cause civili di risarcimento e sono, attualmente, ancora invischiati all’interno dei lunghi iter della giustizia amministrativa. «La difesa della ditta esecutrice, prima la Sigenco in fallimento e poi Tecnis, dice che i lavori sono stati fatti a regola d’arte e che i danni sono provocati dal fatto che le nostre case sono vecchie – continua Lanzafame – Le nostre abitazioni però sono ora dissestate e le lesioni vanno ad aumentare con gli anni». Diversa è la situazione degli abitanti di via Galermo, che hanno chiesto l’intervento urgente del tribunale affinché «adottasse qualsiasi misura tecnica idonea a ovviare a futuri pericoli in ordine tanto al cantiere quanto alle abitazioni».

Dopo il coinvolgimento degli organi giudiziari, il 23 gennaio 2017 il consulente tecnico nominato dalla magistratura, l’ingegnere Marcello Parisi, consegna la sua relazione a proposito dei danni segnalati dai condomini di via Galermo 106. «Dall’esame degli elementi disponibili, le cause dei danni accertati sono riconducibili a cedimenti differenziali in fondazione – scrive Parisi –per effetto dei lavori eseguiti dalla Tecnis spa nel corso della realizzazione del tunnel inclinato Nord/Ovest della Stazione Cibali». Il tecnico spiega che sia i danni all’interno delle case – fessure nelle pareti, avallamenti nei garage, eccessive inclinazioni nei pavimenti degli appartamenti – sia quelli all’esterno (la voragine) sarebbero legati tra loro e quindi connessi coi lavori della metro. Di più: «Non è stato realizzato alcun rinforzo strutturale temporaneo», sostiene Parisi.

E questo «nonostante nella Relazione tecnica della progettazione esecutiva del 2006, a fronte della segnalata “elevata criticità del sito” fosse stata consigliata “l’adozione di particolare attenzione esecutiva”». Per sostenere questa tesi, il tecnico del tribunale sottolinea come, nel corso di un sopralluogo effettuato a novembre 2016, abbia notato «una zona di cedimento della calotta» della galleria in corrispondenza della voragine che si era aperta dentro il condominio. Lì, scrive Parisi, dovevano ancora essere realizzate le «armature di volta», nonostante dal crollo e dalla denuncia pubblica dei residenti fosse passato già più di un mese. Per i lavori della metro Cibali, sostiene il tecnico, «avrebbero dovuto essere eseguite, più diligentemente, opere di rinforzo strutturale idonee a contenere» i rischi per il condominio. Cosa che non sarebbe stata fatta.

Dal canto suo, Tecnis ha sostenuto che la causa dei danni nell’edificio sarebbe da imputare a «incertezze geologiche non prevedibili». Con riferimento all’«esistenza di una cavità o di un vuoto singolare, nel sottosuolo dell’edificio condominiale, che si sarebbe formata ancor prima dell’esecuzione del tunnel in questione». Spiegazioni che non hanno convinto il giudice unico Maurizio Antonio Pasquale Francola: secondo il magistrato, poiché non è possibile verificare – in tempi compatibili con la sicurezza dei cittadini – «se la causa della situazione di pericolo sia imputabile del tutto o in parte a Tecnis», serve che intanto vengano eseguiti a spese di Tecnis gli interventi delle «necessarie riparazioni all’interno delle unità immobiliari».

Secondo Tecnis però la decisione del giudice «non è condivisibile», come spiega a MeridioNews il legale rappresentante della società Fabio Ferrara – e, per questo motivo, decide di fare ricorso in appello. «Il collegio giudicante ha deciso di nominare un nuovo Ctu per svolgere tutta una serie di accertamenti tecnici necessari all’individuazione della cause dei danni» ma anche per decidere l’adozione di «eventuali misure per mettere in sicurezza lo stabile», aggiunge. Al momento quindi l’ordinanza impugnata non è esecutiva perché è stata sospesa dal tribunale che ha accolto la richiesta di Tecnis. Sulle motivazioni che hanno spinto la difesa della società a fare ricorso però il legale preferisce non scendere nei particolari, anche perché il procedimento civile è ancora in corso. «Evidentemente ci sono ancora degli elementi da indagare e approfondire, e anche responsabilità da accertare».

Mattia S. Gangi

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