Messina, via ecomostri dalla Zona Falcata del porto Ditta lavorerà gratis e rivenderà il materiale riciclato

Verranno smontati pezzo per pezzo e demoliti gli ecomostri che per anni hanno deturpato l’area della Falce a Messina. I lavori di bonifica della ex degassifica Smeb, costruita nella Zona Falcata, sono iniziati oggi. Nella «lingua di terra curva a forma di falce, lunga poco meno di un miglio e profonda cento passi», come la definì lo storico cinquecentesco Tommaso Fazello. La citazione, stamattina, è stata ripresa dall’assessore comunale al Territorio Sergio De Cola, che, sotto uno degli enormi silos abbandonati, ha dichiarato che questi indicati da Fazello sono «cento passi che dobbiamo fare, come diceva Peppino Impastato. Abbiamo fatto il primo, ne servono altri. Ma non siamo soli». 

Insieme all’assessore e al sindaco Renato Accorinti, nell’area della ex Smeb c’era anche il segretario della’Autorità portuale Francesco Di Sarcina. In tal senso, fondamentale per arrivare al risultato odierno è stato proprio l’accordo del 23 aprile 2014 che ha segnato la fine dell’Ente porto e il passaggio all’Autorità portuale della gestione della bonifica dell’ex degassifica. «L’accordo prevede che sia l’Autorità portuale a occuparsi della procedura di affidamento della progettazione e della presa in carico delle attività già avviate dall’Ente porto, col relativo finanziamento regionale già concesso per l’importo di 997mila euro – dichiara Di Sarcina -. Ma quel finanziamento non è mai arrivato. È però legato a progetti di bonifica che l’Ente Porto aveva già messo in moto. E anche questo può rientrare nel Piano regolatore portuale (Prp), che questa settimana invieremo alla Regione». 

L’invio del Prp è uno dei passi inseriti nel crono programma del Patto per la Falce firmato nei mesi scorsi da Comune, Regione e Autorità portuale proprio per ridare nuova vita all’area. «Un luogo dove è nata la città di Messina – ha ribadito il sindaco Accorinti – ma che per decenni è stata deturpato. Quasi volutamente dimenticato per consentire che venisse imbruttito. È stato utilizzato come terreno di speculazioni industriali dove far sorgere realtà come la ex degassifica e altri ecomostri. Oggi – ha aggiunto il primo cittadino – comincia un nuovo percorso che consentirà di ridare speranza».

Quando verranno rimossi i silos e le strutture in ferro si passerà alla bonifica dell’area. «La vera sfida comincerà proprio quando verranno ultimati i lavori – ha spiegato Di Sarcina – perché a quel punto bisognerà seguire una serie di azioni in sinergia. L’assessorato all’Energia mi ha confermato che tutta la Zona Falcata appartiene al Piano regionale delle bonifiche. I 30 milioni promessi sono spendibili facendo i progetti esecutivi. Dobbiamo seguire il lungo iter burocratico per liberare l’area dall’inquinamento e demolire ciò che serve. Solo a bonifica ultimata – ha specificato – potremo pensare alla riqualificazione».

A lavorare allo sgombero di un’area di 16mila metri quadri c’è un raggruppamento di imprese composto dalle ditte Metalferro e Rii. L’importo per i lavori è di 140mila euro, che non verrà erogato alle due ditte. Queste trarranno i guadagni dal riciclo dei materiali provenienti dalla demolizione. «Il Comune partecipa alle demolizioni anche con propri uomini e mezzi – hanno concluso Accorinti e De Cola – la società che esegue gli interventi di demolizione è un esempio di appalto innovativo e di rigenerazione urbana, in quanto trarrà beneficio dal recupero dei materiali». 

A spiegare il perché hanno accettato questo lavoro è il rappresentate commerciale della Metalferro di Catania, Salvatore Sanfilippo. «Il nostro interesse è quello di venire incontro a enti con necessità come questa dell’ex Smeb – ha spiegato -. Ci si ritrova a non avere la disponibilità economica necessaria, ma a dover comunque effettuare dei lavori. Per noi è questa la scommessa. Se il mercato delle materie prime al momento avesse prezzi più alti, staremmo più tranquilli. È ovvio che rischiamo molto, ma siamo abituati a scommettere. Tutto dipenderà dai tempi. Se riusciamo a rispettare i due mesi che ci siamo prefissati – ha concluso – siamo a posto».

Simona Arena

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