Non si può certo definire un fulmine a ciel sereno la decisione di Giuseppe Trischitta di lasciare Forza Italia. Che la sua candidatura annunciata con netto anticipo rispetto a quanto accaduto alle Regionali e alle Politiche aveva fatto storcere il naso a più persone era risaputo. Ma lui era sempre andato dritto per la sua strada.
Oggi il consigliere comunale e capogruppo del partito forzista a palazzo Zanca ha rotto ogni indugio spiegando perché non può più restare nel partito che ha rappresentato negli ultimi cinque anni. Spiegando che sarà uno degli avversari di Dino Bramanti, candidato a sindaco del centrodestra scelto direttamente dal presidente Nello Musumeci, come ribadito più volte dall’ex direttore scientifico dell’Irccs Neurolesi di Messina. La pensa diversamente Trischitta. «Accetto Sciacca, accetto Accorinti, ma non Bramanti perché rappresenta un gruppo che vuole metter le mani sulla città. Professionalmente non posso dire nulla, massima stima. Ma non è un politico».
L’ex capogruppo parla di un poker d’assi, rappresentato secondo lui da Francantonio Genovese, Bramanti, dalla deputata regionale Elvira Amata e Gianfranco Miccichè. Un poker calato dall’alto contro la città e contro cui intende schierarsi. «Non ho mai sperato di avere l’appoggio e la candidatura di Forza Italia – sottolinea- ma non ho mai accettato l’ingresso di Genovese nel partito. Non voglio i suoi voti. Non potevo restare in un partito che ha dato mandato a Francantonio Genovese, a suo figlio Luigi e a Bramanti di comporre le liste del partito». Trischitta racconta anche che molti leader nazionali gli avevano garantito che sarebbe rimasto per pochi mesi. «Adesso addirittura gli si danno in mano le liste per le Amministrative». A chiedere a Trischitta di tirarsi fuori dai giochi sarebbe stato anche Gianfranco Miccichè, commissario Fi regionale. «Mi ha contattato solo per farmi desistere. Ma io continuo da solo con il mio movimento Messina splendida. Non mi riconosco più – conclude – in un partito che accetta tutto pur di non perdere i voti di un ex segretario del Pd».
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