Messina, pignorato il monastero di Frazzanò Disputa tra Comune e legale per 4mila euro

Chissà se il conte Ruggero e la consorte Adelasia nel 1090 quando decisero di ampliare il monastero di san Filippo di Demenna costruito a Frazzanò nel 495 da Calogero di Calcedonia, potevano lontanamente immaginare quale sarebbe stata, secoli dopo, la sorte della loro dimora, finita in questi giorni al centro di una disputa giudiziaria. 

Con una lotta tra debitore e creditore non a colpi di cappa e spada, ma di carta bollata con al centro la imponente struttura che si trova a due chilometri dal centro abitato e vide il suo massimo splendore sotto normanni, svevi, angioini e decadde con la denominazione aragonese ed è caratteristico architettonicamente, sopratutto per le sue absidi molto ben conservate.

Già perché «il sindaco di Frazzanò, Gino Di Pane non è riuscito a bloccare il pignoramento di quell’edificio storico per un debito esiguo, circa 4mila euro» con «un’ incapacitaà amministrativa che sta procurando ingenti danni alla comunità, chiediamo l’intervento della Corte dei conti», denuncia Antonio Carcione consigliere comunale d’opposizione ed ex sindaco del Comune del Messinese. 

«Il Comune – ricostruisce Carcione – non ha pagato dal 2015 un debito di 3.962 euro che si riferiva a spese legali da liquidare a un avvocato per una causa persa dall’ente. Il legale, Eugenio Benvegna, dopo vari tentativi andati a vuoto, ha fatto pignorare alcuni beni del Comune, compreso il monastero basiliano che al catasto risulta ancora fabbricato rurale e non ha vincoli ed è quindi aggredibile». 

Ribatte il primo cittadino: «noi ci siamo già opposti al pignoramento e ci siamo offerti più volte di pagare come Comune il debito all’avvocato Benevegna, ma lui non ha mai voluto quantificare esattamente la cifra. Non comprendiamo il suo comportamento». «Gli abbiamo offerto – prosegue il sindaco – varie transazioni e gli avevo anche detto che ero disponibile a fargli io stesso un assegno, ma lui mi ha risposto che sarà il giudice a decidere. Noi siamo sicuri di essere nel giusto e non faremo mai mettere all’asta questo bene. Noi continueremo a opporci e a fare denunce». 

Una diversa ricostruzione dei fatti è data dell’avvocato al centro della disputa. Spiega Benvegna: «il credito vantato nei confronti del Comune è fondato su titolo giudiziale definitivo; sono somme di cui il Comune era custode e che dovevano essermi consegnate e versate. Nel settembre del 2017 – prosegue il legale – dopo le infruttuose e dannose iniziative, ho proceduto al pignoramento immobiliare di alcuni immobili urbani e di un fabbricato rurale (in verità rilevatosi poi il monastero). Il sindaco ha quindi concordato la sospensione della procedura esecutiva e si è impegnato a pagare il debito e le spese legali. In seguito l’amministrazione si è rifiutata di rispettare gli impegni assunti, per cui la procedura esecutiva è stata ripresa».

«Il tribunale ha rigettato l’istanza di sospensione del Comune – aggiunge il legale – ritenendo che il bene possa essere venduto all’asta, e ha ordinato al perito e al custode di proseguire nei loro adempimenti, fissando al 15 dicembre il termine al Ctu per il deposito della sua relazione di stima». L’appuntamento è adesso per l’udienza del 24 gennaio prossimo quando le parti compariranno davanti al tribunale di Patti. E c’è chi spera che San Lorenzo Confessore, che fu ospitato a lungo nel monastero, possa fare decidere il giudice nel migliore dei modi. 

(Fonte: Ansa)

Redazione

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