Una, Lucy Fenech, cinque anni fa è entrata in consiglio comunale a sorpresa, sulla scia dell’inattesa vittoria di Renato Accorinti e del suo movimento, Cambiamo Messina dal basso di cui lei è stata capogruppo. L’altro, Guglielmo Sidoti, negli ultimi dieci anni, e cioè da quando ne aveva sedici, ha sempre militato nel Partito Democratico e del settore giovanile è stato anche responsabile regionale. Oggi entrambi sono protagonisti della campagna elettorale che porterà Messina alle Amministrative del 10 giugno. Ma a parti invertite: la consigliera di Accorinti ha mollato il sindaco scalzo e ha abbracciato il centrosinistra a trazione Pd, venendo persino designata assessora dal candidato Antonio Saitta, per Fenech «la migliore scelta per la città»; Sidoti ha lasciato i dem e sposato la causa di Accorinti, in aperta polemica con la scelta di Saitta, fatta «senza primarie e imposta dalla corrente attualmente maggioritaria del partito, cioè quella che viene dall’università (leggasi l’ex rettore Pietro Navarra oggi deputato e Franco De Domenico, deputato regionale ndr), esattamente – sottolinea Sidoti – come già successo per le Politiche».
Storie che si incrociano in tempo di elezioni comunali. «Non sono passata nel Pd – si affretta a precisare Fenech – ho scelto un candidato sindaco, ma resto espressione della società civile e sono in una lista civica». L’ultimo giorno utile per presentare le liste si è scoperto che è anche fra gli assessori designati da Saitta. «Mi fa piacere, perché è il riconoscimento di un mondo e dell’impegno per la città che ho profuso in questi anni – spiega – è una chiara apertura al mondo civile». Che secondo la consigliera non avrebbe trovato l’attenzione promessa da Accorinti. «Mi è dispiaciuto che si siano disperse energie e che siamo stati assenti nei quartieri popolari, come invece si era promesso in campagna elettorale». Un errore, quindi, secondo Fenech, la ricandidatura del sindaco uscente. «Ne sono convinta da almeno due anni. L’ho detto a lui e ai movimenti che lo sostengono prima di una riunione di un consiglio sulla sfiducia. L’ho ripetuto mesi fa quando me l’hanno chiesto per le amministrative del 2018».
Scelta di senso opposto ha fatto, invece, il 26enne Sidoti, che lo scorso marzo si è dimesso dalla carica di responsabile dei giovani democratici e in occasione delle Amministrative ha scelto di sostenere Accorinti. «Mi sono iscritto al Pd quando avevo 16 anni, più o meno quando è nato. E ho contribuito con amore e passione alla sua crescita, ma dopo le Politiche ho deciso che non era più il partito che avevo immaginato. La sua attestata incapacità di rinnovarsi mi ha spinto a lasciare il mio ruolo». E con lui hanno abbandonato il Pd altre nove persone con le quali ha costituito il movimento Ricomincio da Me. «La rappresentanza politica deve essere legata al territorio – spiega – ma alle Politiche del 4 marzo le classi dirigenti hanno deciso durante un tavolo romano la candidatura di Pietro Navarra e di Fabio D’Amore, non è stato ascoltata la comunità di valori, di uomini e donne, ma si sono preferite logiche di potere».
Rimasto nel Pd anche nei periodi più bui, Sidoti ha sperato in un rinnovamento dal basso, «ma così non è stato e la candidatura di Saitta alle Amministrative – continua – ha ricalcato lo stesso schema adottato alle nazionali. Niente primarie e scelte imposte». Un modello che Sidoti ritrova anche nelle altre coalizioni, a eccezione di Accorinti. «Cinque anni fa c’erano Nino Germanà, Francantonio Genovese, Giuseppe Picciolo e Gianpiero D’Alia a discutere sui candidati. Oggi è rimasto tutto uguale. Ci sono ancora loro a decidere chi candidare. L’elezione di Accorinti nel 2013 aveva lanciato un chiaro messaggio ai partiti, chiedendo loro di rinnovarsi, ma non l’hanno fatto».
Sidoti spiega che «in questi cinque anni abbiamo assistito ad un cambio progressivo ma inesorabile di mentalità. Lo vedo nella mia generazione – dice – in chi si avvicina al movimento dando la propria disponibilità all’impegno. Un impegno disinteressato. Anche questo è un risultato politico. Confermato dal nostro primo incontro, in cui Renato non ci ha chiesto quanti fossimo, ma che idee avessimo. Da allora siamo una squadra, l’uno a fianco all’altro. Gli sono grato umanamente perché a distanza di anni ha riacceso in me/noi un entusiasmo che credevo sopito, consegnandomi una speranza da difendere e per la quale sono disposto a a lottare».
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