Messina, in 30mila per la giornata della memoria  «Stato tolga definitivamente scheletri dall’armadio»

«Credo ancora in uno Stato che però deve definitivamente togliere i suoi scheletri dall’armadio». La speranza di Vincenzo Agostino è viva, nonostante tutto. Il padre di Antonino, agente di polizia ucciso dalla mafia il 5 agosto del 1989 insieme alla moglie Ida incinta di cinque mesi, è tra i parenti delle vittime della mafia riuniti oggi a Messina per la XXI Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti della mafia. Questa mattina 30mila persone hanno risposto presente all’invito dell’associazione Libera di don Luigi Ciotti che da più di vent’anni organizza la manifestazione che si svolge in contemporanea in tutta Italia. Un corteo lungo quasi due chilometri che ha sfilato per le più importanti vie della città fino a raggiungere piazza Duomo. Tra bandiere e striscioni, tanta gente comune unita dal desiderio di libertà e giustizia nel ricordo di chi ha perso la vita per servire lo Stato.

Ad aprire il corteo, proprio i familiari delle vittime della mafia. Uomini, donne, bambini e anziani, impegnati una marcia silenziosa, scandita da poche parole e molte lacrime. Sono loro i veri protagonisti della giornata, abbracciati dai messinesi e dall’intera nazione. Al loro fianco anche tanti esponenti politici, rimasti però in disparte per tutta la manifestazione. Presenti tra gli altri il presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi, il quello della Regione Rosario Crocetta e quello dell’Ars Giovanni Ardizzone, il sindaco di Messina Renato Accorinti insieme a quelli dei paesi della provincia. Nessuno di loro è salito sul palco, una scelta adottata in segno di rispetto.

Alle 11 i trentamila sono arrivati a piazza Duomo ed è lì che si è vissuto il momento più toccante. Dal palco sono stati letti i 990 nomi delle vittime di mafia. Un elenco lunghissimo, un bollettino di una guerra che non si è ancora riusciti a vincere. L’ultimo nome è stato letto da Agostino, sottoscorta dal 3 febbraio. «Non ci può essere verità se non viene garantita equità. La legge è calpestata da alcune mele merce presenti all’interno delle istituzioni. Le nuove generazioni non vogliono essere schiacciate, pretendono giustizia e sono loro a rendere questa giornata straordinaria. Questo mi dà la forza per andare avanti, anche se non posso più muovermi liberamente come un tempo».

Un lungo applauso è partito spontaneo quando sono stati ricordati nomi dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, commemorato dalla sorella Rita. C’è chi, seduto tra le prime file a ridosso del palco, in quel momento ha battuto le mani con più forza, alzando gli occhi al cielo. Sono passati quasi 24 anni da quel 19 luglio 1992, ma Salvatore Catalano ricorda come fosse ieri gli ultimi giorni di vita del fratello Agostino, morto nella strage di via D’Amelio insieme ai colleghi della scorta e allo stesso giudice Borsellino. «Agostino dopo l’attentato di Capaci si è trasformato in un’altra persona, era preoccupato e silenzioso. Non ci ha mai detto che faceva parte della scorta di Borsellino, si è tenuto dentro il segreto nel rispetto della legge, ma anche per farci stare più tranquilli. Ho ancora impresso nella mente il suo sguardo, ci ha salutati dalla finestra di casa quasi a volerci dire non so se ci rivedremo».

Anche Messina ha pianto le sue vittime. Hanno sfilato i familiari del giornalista Beppe Alfano, di Attilio Manca, Ignazio Aloisi e Graziella Campagna, la più giovane delle vittime ricordata dal fratello Piero. «Il messaggio che deve arrivare da questa manifestazione è di rivolgere l’attenzione ai problemi ai quali vanno incontro i giovani come la mancanza di lavoro. Occorre essere tutti uniti, impegnarci in questo percorso perché ne abbiamo molto bisogno. Spero che la giornata di oggi lasci il segno a tutti i messinesi e a tutta la Sicilia».

A chiudere la manifestazione, il saluto di don Ciotti. «Messina è una città stupenda con mille problematiche e contraddizioni. Sono stato in periferia nei giorni scorsi, ho avuto modo di incontrare i ragazzi delle scuole costruite nei quartieri più disagiati. La loro voglia di libertà mi ha commosso. Abbiamo bisogno di una società che ci renda tutti uguali, serve un vero ponte che unisca coscienza e speranze. Qui la memoria di circostanza non ha trovato spazio, abbiamo ricordato chi si è sacrificato per il bene del nostro Paese che deve ripartire dalla Costituzione, il primo vero testo antimafia».

Andrea Castorina

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