Cronaca

«È finita». Così disse Messina Denaro, prima dell’arresto, all’autista che ora è in carcere

«È finita».# sono quelle che il boss stragista Matteo Messina Denaro avrebbe rivolto, lunedì mattina quando è stato arrestato nelle clinica privata La Maddalena di Palermo, al suo autista Giovanni Luppino. Per lui oggi il giudice per le indagini preliminari Fabio Pilato ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il 59enne commerciante di olive di Campobello di Mazara, anche lui arrestato lunedì, ha dichiarato agli inquirenti che non era a conoscenza di avere accompagnato l’ormai ex superlatitante. «La versione fornita dall’autista – scrive il gip nell’ordinanza – è macroscopicamente inveritiera. Luppino era talmente consapevole dell’identità del boss da essere armato. Era una persona di fiducia del boss e godeva di rispettabilità in Cosa nostra». Stando a quanto emerso finora, nelle tasche dell’autista sarebbero stati trovati dei pizzini e degli foglietti con appuntati dei numeri di telefono.

Agli inquirenti Luppino ha raccontato una versione dei fatti diversa. Nella sua ricostruzione, circa sei mesi fa, il suo idraulico di fiducia Andrea Bonafede – l’uomo della cui identità si sarebbe appropriato Messina Denaro – glielo avrebbe presentato indicandolo come un «suo cognato Francesco». Dopo quel primo incontro, durato pochi minuti, Luppino ha dichiarato di non averlo più visto, fino alla mattina del 16 gennaio quando il sedicente Francesco si sarebbe presentato a casa sua intorno alle 5.45 del mattino per chiedergli la cortesia di accompagnarlo a Palermo, dove avrebbe dovuto sottoporsi a delle cure mediche per il cancro al colon. Secondo quanto ha dichiarato, il commerciante di olive si sarebbe reso conto che quell’uomo era Messina Denaro solo in seguendo all’intervento dei carabinieri, quando gli ha chiesto se stessero cercando lui per sentirsi rispondere: «È finita».

Intanto, continuano le indagini sui luoghi in cui il boss avrebbe trascorso l’ultimo periodo da latitante a Campobello di Mazara. La cittadina del Trapanese – che conta poco più di undicimila abitanti – dove sono stati ritrovati i tre covi, tutti nello stesso quartiere. Al momento sono in corso nuove perquisizioni dei carabinieri del Ris nella casa di proprietà della madre del vero Andrea Bonafede, l’uomo che avrebbe prestato la propria identità a Matteo Messina Denaro. Un appartamento da tempo disabitato che i Ris stanno analizzando alla ricerca di tracce biologiche e di impronte digitali per verificare un possibile passaggio del boss. Gli investigatori della polizia scientifica e del raggruppamento operativo speciale (Sco) dei carabinieri restano al lavoro nell’immobile di via San Giovanni al civico 260, il terzo covo. La casa risulta vuota e le ricerche adesso si stanno concentrando anche sul giardino annesso all’abitazione.

E si cerca anche il nome del medico chirurgo immortalato in un selfie con l’ex primula rossa pubblicato sui social. A chiedere alla direzione sanitaria della clinica palermitana La Maddalena il nome del dottore, per l’adozione di eventuali provvedimenti, è stato l’ordine dei medici di Palermo. La commissione disciplinare dell’Omceo ha già annunciato che avvierà un’indagine sul caso.

Redazione

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