A capo della banda transnazionale di romeni, sgominata oggi a Palermo dalla Polizia nell’ambito dell’operazione Caffè Export, che gestiva una fiorente attività di prostituzione nella zona della Cala, c’era Lucian Nicolae Serban, alias Calu, 32 anni, già noto alle forze dell’ordine, perché coinvolto nel 2011 nel blitz Sbarazzu. Anche allora gli investigatori della Squadra mobile palermitana lo avevano individuato quale uno dei colonnelli della prostituzione su strada. Se lui era il leader, due delle donne spinte a prostituirsi (Lacramioara Monica Burcea, alia Negra, 24 anni, e Florina Adelina Velicu alias Stramba o Storta) erano diventate le sue vice, delegate, in assenza del capo, a raccogliere i guadagni e a vigilare perché nessuna delle “colleghe” disubbidisse.
Poi c’erano loro. Le vittime. La più piccola aveva 19 anni, appena compiuti, la più “anziana” 23. Tutte in abiti succinti erano costrette a vendere il proprio corpo sulla strada. Fino a notte fonda e a prescindere dalle condizioni metereologiche. Se qualcuna osava ribellarsi prima arrivano le minacce e poi le violenze fisiche. Botte e insulti perché la loro vita valeva proprio poco. Gli sfruttatori le reclutavano in Romania, con la promessa di facili guadagni. Poi con viaggi organizzati erano condotte a Palermo e portate in strada, alla Cala e al Foro Italico Umberto I, oppure in appartamenti nella zona di via Lincoln, affittati per farne case a luci rosse. Il tariffario variava dai 20 ai 60 euro, prezzi accessibili per una platea variegata di clienti: dall’operaio al professionista. I guadagni venivano divisi a metà, il 50 per cento andava agli aguzzini.
«Le indagini sono state avviate nel giugno dello scorso anno – ha spiegato in conferenza stampa Antonio De Santis, primo dirigente dello Sco -. Quella della prostituzione è una piaga diffusa nelle grandi città e il mercato del sesso a pagamento è in netta espansione. Si tratta di organizzazioni gestite da persone violente, che non si fanno scrupolo di sfruttare giovani donne, che lavorano al freddo e in condizioni atmosferiche proibitive. La gran parte del denaro guadato ingrassa i portafogli dei loro sfruttatori».
E a gestire il business Calù aveva messo anche i fratelli. Marin e Adrian Marius Serban, rispettivamente di 26 e 34 anni. Loro per ottimizzare la gestione della propria attività avevano suddiviso il Foro Italico Umberto I in zone di riferimento. Così ognuno aveva posizionato le proprie donne, circa 20 ragazze, tutte giovanissime. A Serban, però, era riconosciuta la leadership della banda. E a lui spettava l’ultima parola su ogni decisione da prendere, in termini di tariffario e di reclutamento delle ragazze. Un’attività ben organizzata «tutt’altro che irrilevante dal punto di vista economico – spiega ancora De Santis -. I capi della banda in breve periodo periodo erano riusciti a trasferire dall’Italia alla Romania 100mila euro, guadagnando diverse centinaia di euro al giorno. A fine serata lo sfruttatore chiedeva: “Che tipo di caffè hai fatto oggi?”».
Già, perché per eludere le intercettazioni telefoniche durante le loro conversazioni gli indagati utilizzavano un linguaggio criptico e convenzionale. «Un formulario semplice, ma efficace: la lista dei rapporti sessuali da poter consumare era, infatti, declinata secondo le varie gradazioni di caffè, lungo, corto e così via». I soldi guadagnati con le prestazioni, invece, diventavano nelle conversazioni degli aguzzini «vestiti». «Come spesso accade nei casi di sfruttamento della prostituzione, perché la prostituta “renda” è necessario instaurare un rapporto di subordinazione, anche psicologica, alle dipendenze del protettore – ha aggiunto il vice questore aggiunto Rosaria Maida, dirigente della sezione Criminalità extracomunitaria e prostituzione della Squadra mobile -. Anche l’odierna vicenda non si è sottratta a questa regola non scritta: tra protettore e prostituta sussisteva un rapporto caratterizzato da assoggettamento psicologico che, in taluni casi, sfociava anche in aggressioni. Per quanto riguarda i clienti alcuni “abituali” e in alcuni casi qualcuno si è anche innamorato delle ragazze».
Durante le indagini sono state eseguite numerose perquisizioni e sono stati portati via anche i libri mastri della prostituzione. Due delle persone raggiunte dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono ancora latitanti: si tratta del capo della banda e di Aurel Dobre, alias Turku, 36 anni. «Spesso i capi dell’organizzazione si recavano in Romania per reclutare le ragazze o per portare personalmente i soldi guadagnati dall’attività di sfruttamento della prostituzione” ha concluso Maida.
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