Il «diritto di scelta etica e scientifica ad una alimentazione vegetariana e vegana» dovrà essere garantito nelle mense pubbliche siciliane. Lo propone il Movimento 5 stelle, anzi lo ripropone. Già nella scorsa legislatura i grillini ci avevano provato, ma non se n’era fatto nulla. La regia dell’operazione è sempre affidata a Valentina Zafarana, capogruppo pentastellata all’Ars e promotrice di analogo disegno di legge durante l’era Crocetta.
L’introduzione «dell’opzione vegana e vegetariana nella ristorazione collettiva pubblica» è di fatto uno dei cavalli di battaglia del Movimento. La sindaca di Torino Chiara Appendino si era guadagnata anche le pagine del Guardian portando la «differenziazione delle diete alimentari» nelle mense della sua città e solo pochi giorni fa il consiglio comunale di Roma, su impulso della maggioranza grillina della sindaca Virginia Raggi, ha varato un regolamento che sdogana menu vegetariani e vegani nelle scuole capitoline, su richiesta dei genitori.
L’esame del parere sul ddl rilanciato da a Palermo da Zafarana era fissato per oggi in commissione Esame delle attività dell’Unione Europea, ma è slittato alla prossima settimana per l’assenza giustificata della stessa prima firmataria. A lei sarebbe toccato di relazionare davanti ai colleghi della commissione presieduta da Pippo Compagnone dei Popolari e autonomisti. Scuole, ospedali, università e tutti gli enti pubblici che ospitano servizi mensa dovranno così attendere ancora, accontentandosi di portate più tradizionali.
L’idea del Movimento 5 stelle è di sostenere economicamente tutte le amministrazioni che offriranno non solo menù vegani/vegetariani, ma anche «il consumo di prodotti bio». Alla Regione toccherebbe così, si legge nella bozza presentata dai pentastellati, «erogare contributi, attraverso trasferimenti agli enti locali, fino alla totale copertura dell’incremento di spesa dovuto all’acquisto di prodotti biologici». La spesa complessiva autorizzata nel ddl? Centomila euro. I fondi spetterebbero agli enti che dovrebbero allinearsi alle finalità della legge – entrando questa in vigore con il voto dell’Ars – utilizzando «almeno il 60 per cento dei prodotti impiegati nei menù vegetariani e vegani provenienti da coltivazioni, allevamenti e trasformazioni biologiche».
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